lunedì 21 settembre 2009

L’autunno caldo della F1: Todt e l’ira di Briatore


L’ex Ferrari sostituirà Mosley al vertice della Fia:riuscirà a evitare nuove guerre?

Che cosa succederà dopo il 23 ottobre, quando si chiuderà l’era di Max Mosley al vertice della Federazione internazionale dell’automobilismo? Jean Todt, quasi certamente il suo successore, sarà in grado di imporre una svolta o aprirà un’altra guerra con i team? E dobbiamo aspettarci qualche ulteriore colpo di coda del presidente uscente? Esiste il fondato sospetto che Mosley, prima di andarsene, voglia rendere la vita difficile ai suoi nemici: alla Toyota di John Howett, vicepresidente Fota, e pure alla Ferrari, l’alleata di un tempo che in questi mesi ha trainato il cartello dei team contro la Fia. Se vogliamo, secondo un’interpretazione libera ma non troppo, il fatto stesso che davanti al Consiglio mondiale di oggi debba comparire pure Fernando Alonso — il cui passaggio al Cavallino è scontato — è un modo per mandare messaggi a Maranello. Quindi, la risposta alla seconda domanda può essere: sì, è possibile che Mosley non abbia ancora esaurito il «fiero pasto», le cui precedenti portate erano state Ron Dennis e adesso Briatore. Senza dimenticare che il presidente, agitando lo spettro di una crisi reale ma astutamente esasperata, ha colpito la sensibilità verso il risparmio di due colossi dell’auto quali la Honda e la Bmw: la loro uscita di scena, a fine 2008 nel caso dei giapponesi, al termine di questa stagione per i bavaresi, probabilmente non è del tutto slegata dalla politica mosleyana.

LA FERRARI - La Ferrari, dunque. E perché no, visto che ha appoggiato con decisione l’idea di un campionato alternativo, mentre la Fia pensava a una F1 senza Rossa e riempiva la griglia del 2010 di scuderie improbabili, alcune poco più che officine dotate di telefono. Questa è stata un’altra delle vicende controverse di quest’anno orribile, che rischia di allungare le sue ombre anche sulla prossima stagione. Nella scelta dei nuovi ingressi ci sono state pressioni, irregolarità, conflitti di interessi. Con il braccio destro di Mosley, Alan Donnelly — uno di quelli chiamati a esaminare i requisiti delle squadre in corsa — pizzicato mentre trattava per portare sponsor a uno dei concorrenti, la Manor (il cui proprietario è un amico intimo di mr President).

LA LOTUS - Formalmente i team sono stati sottoposti a due diligence, ma con quanta arbitrarietà degli uomini Fia l’hanno raccontato alcuni degli esclusi (e prima di essere esclusi), per esempio Mauro Sipsz e Angelo Codignoni, che hanno persino intentato causa alla Federazione. Alla fine, comunque, sono state ammesse Campos, UsF1 e Manor. Una quarta, che riesuma la sigla gloriosa della Lotus, è stata sdoganata nei giorni scorsi per sostituire la Bmw Sauber, nonostante un cambio di proprietà di quest’ultima che — lo ammette la stessa Fia — garantisce solidità e qualità: un altro dispetto. Ma sulla Lotus qualche certezza esiste, se non altro perché alle spalle ci sono il governo malese e quel Dany Bahar che ha gestito fino a poco tempo fa il «global brand» della Ferrari. Piuttosto, dato che anche la Campos si è dotata di una struttura credibile, le riserve sono sulla UsF1 e sulla Manor. La serietà di questi nuovi team resterà un bel grattacapo per la futura gestione della Fia: dovessero essere inadeguati, potrebbe tornare alla ribalta l’idea della terza monoposto, sponsorizzata dalla Ferrari. Ma resta la prima domanda.

IL DOPO-MOSLEY - Che cosa succederà dopo l’addio di Mosley? Il successo dell’ex rallista Ari Vatanen non è quasi considerato dagli osservatori: troppo più solida la posizione del suo ex team manager alla Peugeot. Da Jean Todt ci si attende una gestione autoritaria e di polso: la personalità non gli manca, bisogna vedere quanto potrà scostarsi dal solco di Mosley che l’ha lanciato e lo appoggia (in cambio dell’aiuto ricevuto in occasione dello scandalo sessuale). Probabilmente l’ex uomo forte della Ferrari si rivelerebbe anche «super partes» (il fatto di provenire da Maranello è una delle perplessità che restano nell’ambiente, nonostante quel capitolo sia stato chiuso nel 2008 e nonostante la Ferrari non fosse così entusiasta della sua candidatura): la sua missione sarà evitare un’altra guerra con la Fota. I team (che lo incontreranno nei prossimi giorni a Singapore) vogliono segnali di discontinuità: a partire dall’allontanamento di alcuni degli uomini di Mosley, Donnelly, ma anche il delegato alla sicurezza Charlie Whiting che vede solo quello che serve (e quando serve). Ma in Formula 1 niente si muove senza toccare Bernie Ecclestone, che non ha più la maggioranza nella società che gestisce i diritti commerciali del Circus (appartiene al fondo Cvc) ma che è, di fatto, colui che manovra tutto nel paddock. La vicenda Piquet-Briatore-Renault, però, dove Bernie non ha brillato per trasparenza («Fottilo» sarebbe stato il consiglio dato a Piquet senior sul conto di Briatore) potrebbe cambiare gli equilibri. Il manager italiano sa che Bernie non ha fatto niente per salvarlo, nonostante i due condividano l’avventura nei Queens Park Rangers di calcio. L’amicizia si è rotta. Al contrario, mister Billionaire negli ultimi anni ha reso buoni i rapporti con l’ex rivale di pista Todt: potrebbe sfruttarli e provare a rientrare strappando a Ecclestone la gestione dei diritti commerciali del Circus. È dura, ma non impossibile. Oppure potrebbe decidere di raccontare un paio delle cose che sa. Su Ecclestone, ma non solo. Le voci di nuovi scandali alle porte si fanno sempre più insistenti. La certezza è che sarà un autunno caldo.

Fonte: Corriere.it
20/21 settembre 2009