mercoledì 30 settembre 2009

Governo Berlusconi: voglia di rimpasto?

Dall'attenta analisi fatta dall'articolista che pubblco, sembra proprio che il presidente Berlusconi abbia qualche "grattacapo" proveniente dai suoli alleati . Vedremo mai un governo che duri da una tornata elettorale all'altra senza  problemi?



Voglia di rimpasto
 Ecco la strategia anti-poteri forti del premier. Offrirà un ministero a Montezemolo. Preoccupato del feeling Tremonti-Fini e del loro gioco con le élite, il Cavaliere pensa a una mossa a sorpresa. Scajola così tornerebbe al partito.
È infuriato Silvio Berlusconi. La Rai è solo uno dei motivi. Chiuso nel fortino di Arcore si è sfogato: «Gli attacchi non finiranno. Tv, giornali, sinistra. C’è una manovra in atto. Dobbiamo contrastarla, rispondere colpo su colpo». Perché l'obiettivo, per il premier, è sempre lo stesso: disarcionarlo. Ai suoi occhi la campagna dei media è solo un tassello del grande disegno che sta prendendo corpo, in ambienti politici e finanziari, da mesi. In attesa del pronunciamento della Consulta quelli che l’inquilino di palazzo Chigi chiama i «poteri forti» si stanno muovendo.

E si stanno muovendo, con loro, attori della maggioranza. Come Gianfranco Fini e Giulio Tremonti. Entrambi possibili candidati alla presidenza di un governo tecnico. Per sminare il terreno, Berlusconi ha chiesto a Montezemolo di entrare nel governo dopo le regionali.

Il premier è convinto che la partita finale si gioca soprattutto nei salotti buoni. Per questo vuole Montezemolo. Per questo vuole consolidare l'alleanza con Geronzi, provando a consolidarla nella partita che si è aperta nel futuro assetto di Generali, la vera cassaforte della finanza italiana. Tutte operazioni che servono per smontare la trama. Visto che i complottisti, per il premier, stanno alzando il tiro. Come Gianfranco Fini. Berlusconi non ha mai digerito la tavola rotonda con il presidente della Camera sotto le bandiere della fondazione Italia Futura di Montezemolo, il cui battesimo - e chissà se è un caso - coincide con il giorno del pronunciamento della Corte sul Lodo Alfano. La considera una sfida. Così come la guerriglia parlamentare del presidente della Camera. Coi suoi poi si è sfogato: l'asse di Fini col Colle, per ora, non gli ha portato un solo beneficio sugli orientamenti della Consulta. Ecco perché ha deciso di rompere la tregua con l’ex capo di An nel discorso alla festa del Pdl di Milano. Toni da campagna elettorale e richiamo al discorso del '94. Altro che co-fondatori. Anche perché l'inquilino di Montecitorio sembra meno isolato. Il gioco di sponda tra lui e Tremonti agita, e non poco il premier. Dura da un po'. L'uno piccona a Gubbio e l'altro sul Corriere dice: «Serve una tregua. Giusto discutere le idee di Fini». L'uno spinge per la legge sugli immigrati e l'altro lo definisce «coraggioso». Insomma, per dirla con la cerchia ristretta del Cavaliere, «entrambi si muovono apertamente nell'ottica del post-Berlusconi».

Tremonti soprattutto, è fuori controllo: «Gioca per sé» ha detto ai suoi Berlusconi. Che si è lamentato dei silenzi di «Giulio» sugli scandali che lo hanno coinvolto. Ma anche sulla Rai. Il Tesoro è azionista di maggioranza ma il ministro non ha detto una parola. A preoccupare di più il premier è però la tela personale del super-ministro con i poteri forti. È sempre più fitta, e autonoma rispetto a palazzo Chigi. È di più di una rete di protezione rispetto al pericolo che qualcuno chieda un suo ridimensionamento. Il titolare del Tesoro ha stabilito una serie di alleanze degne di un premier in pectore. A partire da quella con le fondazioni bancarie e in particolare con Giuseppe Guzzetti, capo della fondazione Compagnia San Paolo, e con Angelo Benessia: è lui che il ministro sta sponsorizzando per i vertici di intesa San Paolo in funzione anti-Passera. Il suo rapporto poi con la finanza cattolica è diventato, in questi giorni, sempre più di ferro. Il suo consigliere economico al ministero, Ettore Gotti Tedeschi, è appena diventato presidente dello Ior, la banca che cura gli affari del Vaticano. Per non parlare dell'operazione che il ministro ha condotto nella banca popolare di Milano, alla cui presidenza è arrivato Massimo Ponzellini, che ha portato in dote al ministro la sua robusta e trasversale rete di relazioni negli ambienti della politica e della finanza che conta.

Per bloccare il “dopo Cavaliere” serve un segnale alle élite, dunque. Non è la prima volta che Berlusconi offre a Montezemolo la poltrona di ministro. Accadde nel 2001, quando poi agli Esteri andò Renato Ruggiero, legato agli Agnelli. Ma anche nel 2008, quando mise sul tavolo il dicastero dello Sviluppo economico. Un modo per sancire la tregua pure con l'establishment confindustriale, mentre Emma Marcegaglia da viale dell'Astronomia inaugurava un nuovo corso («post ideologico» disse Sacconi) meno conflittuale col governo. Questa volta però è diverso. Perché un governo già c'è. E Montezemolo sta lavorando su una prospettiva terzista, con la sua fondazione Italia Futura. Il Cavaliere però lo vuole in squadra. Glielo ha detto a inizio settembre, quando i due si sono visti a palazzo Grazioli. L'offerta definitiva ancora non c'è stata. Ma fonti di Palazzo Chigi rivelano che il dialogo è in corso e che lo sta portando avanti Berlusconi senza intermediari. Il premier ha intenzione di fare un rimpasto dopo le regionali. Che gli consenta di ritoccare la squadra di governo e di affidare il partito a un coordinatore unico, il cui ruolo dovrebbero essere ricoperto da Claudio Scajola. Non è un caso che proprio con lui Berlusconi si è sentito dall'America per concordare la controffensiva sulla Rai, e non solo perché ha la delega in materia. Ma perché lo considera politicamente più duro degli attuali triumviri. È proprio la sua poltrona che Berlusconi ha offerto a Montezemolo. Il problema è che il leader degli industriali l'ha già rifiutata dopo le scorse elezioni. Ecco perché per rendere l'offerta più allettante Berlusconi ha un piano B: l'idea sarebbe la creazione di un dicastero pesante del Commercio con l'Estero. Una sorta di ministero della diplomazia commerciale italiana, che consentirebbe a Montezemolo di capitalizzare la sua credibilità e il suo peso politico, in perfetta autonomia e senza entrare in rotta di collisione con Tremonti. Per ora - secondo fonti di palazzo Chigi - Montezemolo ha accettato il confronto. E in agenda ci sono altri faccia a faccia. Dopo il pronunciamento della Corte.

di Alessandro De Angelis
Fonte: Il Riformista martedì, 29 settembre 2009