martedì 26 febbraio 2008

Di Pietro, perché non votarlo


Girovagando per la rete ho visto che non sono soltanto io a pensare di non votare l'ex pm.
Cominciamo ad essere in molti. Per avere una conferma dettagliata un altro blogger ha pubblicato questo thread che riporto integralmente con i link di riferimento.
 

Di Pietro un retroscena da pubblicizzare: in questo l'ex pm parla di etica e morale da pretendere dagli altri politici, non da lui.

Vi consiglio un libro di circa 170 pagine:

Corruzione ad Alta Velocità - Viaggio nel governo invisibile

Qui sono descritti moltissimi passi "strani" effettuati dall'On Di Pietro.
Uno su tutti:

Perchè Pacini Battaglia, implicato nello scandalo TAV, ora è un "onorevole" dell'Italia Dei Valori (Immobiliari, ndb)?
Conoscevo la vicenda, Imposimato parla del coinvolgimento di Di Pietro e Prodi, non ho letto il libro, ma alcuni brani. Imposimato scrisse il libro perchè malgrado da quattro anni denunciasse la cosa nessuno se lo filava, per questo fu anche emarginato nel suo stesso partito.

Il magistrato Giorgio Castellucci si occupò della TAV, finì poi sotto processo insieme ad altri magistrati, non so per cosa.

Prima ancora sembra che Di Pietro, allora pm, convinse Castellucci a sdoppiare l'inchiesta tenendo per se la parte che riguardava appalti e soldi, mentre a Castellucci rimase la parte riguardante i presunti illeciti nella costituzione della parte societaria della TAV.

Bilanci IVD (ovviamente CERTIFICATI, come per legge, dalla Camera dei Deputati [sic!!!] ndb)

Questo governo poteva fare una cosa utile e liberale sulle pretese della RAI, ma NISBA

Pubblico questa notizia, tratta da PuntoInformatico di oggi, che, come al solito, ai nostri bravi media è sfuggita.


Ma Prodi non va dicendo che il suo governo ha rimesso a posto l'Italia? La pretesa del carrozzone RAI di volere il canone anche per PC e Telefonini gli sembra legittima, siamo al passo con i tempi?
Oppure facciamo le cose sempre all'italiota e nascondiamo la testa come lo struzzo in attesa che qualcun' altro risolva i problemi.
Perché la RAI non inizia a chiedere la tassa del canone, anziché a noi cittadini, a loro signori: i politicanti? Oppure alle POSTE, ai Comuni, agli ENTI, alle Regioni ecc.?

RAI TAX sui PC? Il Governo poteva evitarla

martedì 26 febbraio 2008, Roma

Il 4 aprile del 2007 veniva presentata in Parlamento una proposta di legge che avrebbe risolto a monte la questione esplosa in questi giorni, quella del Canone RAI per PC e videocellofonini, una proposta rimasta nei cassetti, mai considerata dal Parlamento, che peraltro poco davvero si è occupato dello scandalo Canone in questi anni.

A segnalarla a Punto Informatico è il suo primo firmatario, l'on. Bruno Murgia (AN), che evidenzia come quella proposta "non avendo ricevuto la dovuta attenzione dal Governo Prodi, spero rientri tra gli obiettivi del prossimo Governo Berlusconi".


Quella bozza di provvedimento parlava chiaro:

Il canone di abbonamento di cui al comma 1 non è dovuto per la detenzione di personal computer o di telefoni mobili adattati o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni.

Sarebbe bastato questo ad escludere i personal computer e i cellulari di nuova generazione dalle applicazioni più controverse di quella legge del 1938 e più volte sistemata successivamente secondo cui la RAI TAX la devono pagare tutti o, almeno, tutti quelli che possiedono apparecchi "atti o adattabili" alla ricezione del segnale radio-televisivo.

"Era chiaro - spiega Murgia a Punto Informatico - almeno per me e per i tanti deputati che sottoscrissero la mia proposta, che prima o poi la RAI avrebbe battuto cassa ai contribuenti". "La motivazione fu chiara - insiste - non facciamo pagare questa odiosa tassa anche per chi possiede questi strumenti in quanto difficilmente li compriamo per guardarci la televisione; il computer e il telefono servono a ben altro e quindi è inconcepibile tassarne il possesso".

Secondo Murgia con le letteracce che da Torino ora arrivano agli italiani, e che chiedono il pagamento del Canone anche per PC e telefonini, "si è creato un pericoloso precedente che porterà le tasche degli italiani a svuotarsi sempre più, e in futuro anche per l'aria che respirano".

lunedì 25 febbraio 2008

Un'altro caso, eclatante, di gIUSTIZIA all'italiana!!!

da Notizie Radicali on line, Direttore:Gualtiero Vecellio

Criminale crocifisso. Cronaca di una condanna annunciata

a cura dell’imputato Luigi Tosti (*)

(*) Il giudice Luigi Tosti ( di religione ebraica, ndb)chiede allo Stato Italiano che vengano rimossi dalle aule giudiziarie i simboli religiosi per rispettare il principio supremo di laicità affermato dalla Costituzione Italiana e dalla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo.

Per gli amici che seguono la mia vicenda giudiziaria -e in particolare quelli francesi, spagnoli, portoghesi, belgi, olandesi, tedeschi, australiani, canadesi, statunitensi, inglesi, vietnamiti, israeliani, namibiani, congolesi, biafrani e, dulcis in fundo, anche per i sudditi dell’italica Colonia del Vaticano- comunico il resoconto dell’udienza che si è tenuta, ieri 21 febbraio 2008, dinanzi al Tribunale penale dell’Aquila, allestito in scrupolosa osservanza dello stile dei Tribunali della Santa Inquisizione, cioè con quello stesso criminale crocifisso che è oggi appeso sopra i giudici della Repubblica Pontificia Italiana e che, a suo tempo, troneggiò sopra i criminali giudici della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Il 21 febbraio 2008, mi sono presentato in udienza con una telecamera perché intendevo chiedere, nella mia qualità di imputato, l'autorizzazione a riprendere lo svolgimento dell'udienza penale, per far vedere poi agli amici che mi seguono “come” viene celebrato il processo a mio carico. Chiedere la videoregistrazione dell’udienza a mio carico è peraltro un diritto che mi viene garantito dalla legge.

Ebbene, prima ancora che i giudici entrassero nell'aula per iniziare l'udienza, un capitato dei Carabinieri della Procura della Repubblica -che mi permetto di definire, pubblicamente, come un vero gentiluomo ed una persona squisita, sperando di non arrecargli un qualche pregiudizio- si è presentato in udienza facendomi presente che doveva asportare e custodire (cioè sequestrare) la telecamera, per “ordine superiore”. Gli ho subito fatto presente che la telecamera era la mia e che mi serviva per fare le riprese: io, infatti, intendevo chiedere al Tribunale di essere autorizzato ad effettuare le riprese, non appena i Giudici fossero entrati in aula: se mi fosse stata sequestrata, come avrei potuto esercitare il mio diritto?

Mentre si stava discutendo su questa questione, sono entrati in aula i tre giudici e il Presidente, ancor prima che venisse chiamato il mio processo, ha ribadito al Capitano dei carabinieri l’ordine di sequestrare la telecamera perché la ripresa del processo “non era stata autorizzata”.

Sia io che i miei avvocati abbiamo ovviamente obiettato che il processo non era stato chiamato e che la domanda di effettuare riprese non era stata ancora formulata: dunque, non esisteva alcun provvedimento di rigetto della domanda.

Il Presidente replicava affermando, con una notevole dose di arroganza, che la domanda era rigettata. Gli si è allora ribadito che il processo non era ancora stato chiamato e che la domanda non era dunque stata fatta e che io intendevo farla. Senza neppure ritirarsi in camera di consiglio e senza neppure interpellare gli altri due giudici, il Presidente dichiarava, allora, che la richiesta di riprese audiovisive era respinta e che gli altri due giudici la pensavano come lui.

Piccola nota personale.

Quando si tratta di processare i “mostri” Olindo e Rosa Romano, i “giudici” autorizzano centinaia di televisioni a riprendere il processo, anche contro la volontà degli imputati; quando la richiesta, però, proviene da un imputato che, come me, non ha nulla da vergognarsi, i giudici impediscono, senza fornire una briciola di motivazione, la ripresa dell'udienza: e questo per impedire che i cittadini si rendano conto che i giudici stanno processando non il vero “mostro”, cioè il Ministro di Giustizia, ma la vittima del razzismo della repubblica Pontifica Italiana.

Delirante è la circostanza che i giudici possano decidere se autorizzare o no le riprese, senza fornire giustificazioni plausibili del perché essi adottino pesi e misure diverse a seconda dei casi: questo è puro arbitrio, e l’arbitrio è la negazione assoluta della garanzia di imparzialità del giudice.

Archiviata questa questione, il Presidente del Tribunale aquilano ha esordito chiedendo come mai io fossi lì, in aula, e come mai fossero presenti i miei difensori, visto che nella precedente udienza mi ero allontanato ed avevo revocato la nomina ai miei difensori, perché non era stata accolta la mia richiesta di celebrare il processo senza il criminale crocifisso dei Tribunali dell’Inquisizione, che ancora oggi troneggia sopra le loro teste, o con l’apposizione dei miei simboli a fianco del crocifisso. Per quel che ho capito, il Presidente ha manifestato una sorta di rammarico per il fatto che io fossi lì a difendermi e che ci fossero anche i miei difensori di fiducia, presagendo quello che poi sarebbe avvenuto: e cioè che mi sarei difeso, mettendo alla berlina le Istituzioni razziste italiane e la Chiesa Cattolica.

I miei legali hanno respinto queste astruse contestazioni del Presidente, rappresentandogli che io avevo per iscritto revocato la nomina del difensore di ufficio il quale aveva pubblicamente dichiarato, anche sulla stampa, che, essendo cattolico, intendeva rifiutarsi per obiezione di coscienza di difendere un giudice che aveva chiesto di togliere i crocifissi dalle aule di giustizia.

A questo punto ho chiesto la parola per far presente tre questioni: la prima era che il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi alla precedente udienza sull'eccezione di nullità dell’udienza preliminare; la seconda era che il Tribunale aveva respinto la mia richiesta di rimuovere i crocifissi perché “non davano fastidio” ma, guarda caso, si era dimenticato di pronunciarsi sulla richiesta di esporre a fianco del crocifisso i miei simboli che, guarda caso, anch’essi “non davano fastidio”; la terza era un invito ai tre giudici ad astenersi dal processo se erano stati battezzati ed appartenevano ancora alla religione cattolica. Il processo a mio carico, infatti, implicava che essi dovessero preliminarmente decidere se la presenza dei crocifissi nelle aule di giustizia della Colonia del Vaticano fosse o meno legittima: i giudici cattolici, dunque, avevano un interesse personale nel mio processo perché, se mi avessero assolto, avrebbero pregiudicato in modo irreversibile il “privilegio” che viene tuttora accordato ai giudici cattolici dalla Repubblica Pontificia, cioè quello di avere sopra le loro auguste teste di cattolici soltanto il LORO simbolo.

Ebbene, il Presidente, senza ritirarsi in camera di consiglio e senza minimamente interpellare gli altri due giudici, ha respinto tutte e tre le questioni, affermando che nessuno intendeva astenersi e che, poi, il Tribunale non poteva autorizzare l'esposizione dei miei simboli, perché questo poteva essere fatto solo dal Ministro: motivazione, quest'ultima, tanto vera quanto irrilevante. In effetti, io non avevo invitato i giudici ad autorizzarmi ad esporre i simboli, bensì a chiedere al Ministro siffatta autorizzazione, provvedendo poi a sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale solo se la stessa fosse stata respinta.

Uno dei miei avvocati, a questo punto, rappresentava al Presidente del Tribunale che il giudice dell'udienza preliminare aveva affermato che, se un legittimo impedimento dell'imputato a presenziare all'udienza si realizza dopo che egli è comparso, l'udienza può legittimamente proseguire perché l'imputato è rappresentato dal suo difensore. Questa affermazione -proseguiva il mio avvocato - contrastava col codice di procedura penale che disponeva in senso contrario, tant’è che, se egli fosse ad esempio caduto in coma, il tribunale avrebbe dovuto rinviare l'udienza.

Il presidente, allora, interrompeva il mio avvocato con questa obiezione, allucinante: “ma questa è un’ipotesi, che non si è realizzata!!” Al che il mio legale replicava: “ma potrebbe realizzarsi e, allora, il tribunale dovrebbe decidere se rinviare o meno il processo”.

Di fronte a questa elementare obiezione, il Presidente se ne usciva con questa risposta che faceva imbestialire il mio avvocato fino al punto da indurlo a chiederne la ricusazione: “Avvocato, vuol dire che quando lei andrà in coma, noi decideremo!!!”

Volavano parole pesanti: il tutto non ripreso dalla mia telecamera, accortamente fatta sequestrare in via preventiva.

Il Presidente dichiarava di non volersi astenere ed invitava pertanto il mio avvocato a formalizzare la richiesta di ricusazione nei suoi confronti. Io invitavo il mio avvocato a non farlo, perché intendevo portare a termine il processo a mio carico (era già la quarta volta che ero costretto ad andare all'Aquila).

Passati alla fase dell'ammissione delle prove, il Pubblico ministero, guarda caso, rinunciava al suo teste di accusa, cioè il Presidente del Tribunale di Camerino Aldo Alocchi, e questo per evitargli le domande imbarazzanti alle quali sarebbe stato sottoposto dai miei difensori. Dal momento, però, che anche io ne avevo chiesto l'audizione, la sua richiesta di “soprassedere” all'audizione di questo teste non sortiva gli effetti sperati.

Iniziava, dunque, l'interrogatorio del Presidente Alocchi.

Al dr. Alocchi i miei avvocati ponevano le domande che io avevo scrupolosamente scritto, allo scopo precipuo di porre in evidenza quanto fosse stato contraddittorio e criminale il comportamento posto in essere nei miei confronti: io, infatti, ho subito una palese e criminale discriminazione religiosa da parte del Ministro di Giustizia e dei miei superiori i quali, non solo non hanno rimosso i crocifissi nelle aule dove ero costretto a lavorare, ma mi hanno vietato di esporre i miei simboli. Io non sono né un prete né un frate che ha fatto la scelta volontaria di frequentare chiese e conventi, dove vengono esposti i crocifissi. Io sono un pubblico funzionario che non può essere costretto dallo Stato italiano a frequentare aule giudiziarie nelle quali vengono esposti quegli stessi criminali crocifissi che vennero esposti nelle criminali aule giudiziarie dei criminali Tribunali della Santa Inquisizione della criminale associazione denominata Chiesa Cattolica e fondata da Dio in persona.

Ebbene, gran parte delle domande formulate per il teste Alocchi sono state vietate dal Presidente del tribunale, su opposizione del PM, senza nemmeno interpellare gli altri due giudici: e questo per togliere dall'imbarazzo il teste, che non avrebbe saputo a quale santo votarsi per fornire giustificazioni logiche o giuridiche del suo comportamento contraddittorio e discriminatorio.

Eguale sorte è poi capito al mio esame: dopo che io ho dichiarato, in pubblica udienza, che tra i motivi che mi spingevano a non tenere le udienze sotto il crocifisso vi era quello che non avrei mai tenuto le udienze sotto l'incombenza della svastica nazista e che, quindi e a maggior ragione, non intendevo tenerle sotto l'incombenza del vessillo della Chiesa Cattolica, cioè di quella che era stata ritenuta e che io avevo già definito in pubblica udienza, dinanzi al CSM, come la più grande associazione per delinquere e come la più grande banda di falsari che sia esistita sul Pianeta Terra, le domande successive venivano “stoppate” per evitare che io fornissi tutti i puntuali riscontri storici della criminalità della Chiesa Cattolica, citando le crociate, i tribunali dell'inquisizione etc.

Il PM ha iniziato ad interrompere continuamente il mio esame - cioè l'esame che mi permetteva di difendermi - e il Presidente del Tribunale ha accolto tutte le opposizione del PM, senza interpellare gli altri due giudici. Si è innescato un violentissimo diverbio tra uno dei miei difensori e il PM: diverbio che, grazie all'oculata e solerte censura preventiva del Presidente del Tribunale dell'Aquila, gli italiani non potranno mai ammirare. Ad un certo punto il Presidente ha addirittura interrotto il mio esame, “spedendomi” al mio posto.

E' iniziata allora la discussione finale.

Il PM ha chiesto la mia condanna sulla base di questo ragionamento.
E’ irrilevante valutare se la motivazione del dr. Tosti di non tenere le udienze a causa della presenza del crocifisso sia o meno fondata, perché ciò che conta è che egli, di fatto, non ha tenuto le udienze e questo comportamento ha arrecato un disagio agli utenti (? Ndb) che chiedevano giustizia. Se la presenza del crocifisso sia lecita o meno e se essa sia lesiva del principio supremo di laicità affermato dalla Costituzione e, inoltre, dei diritti inviolabili del Tosti e dei cittadini italiani alla libertà religiosa e all'eguaglianza, sono dunque questioni del tutto irrilevanti, ad avviso del PM aquilano.
Non una parola, però, il PM ha speso in merito alla circostanza che io ho comunque manifestato la piena disponibilità a tenere le udienze sotto l'incombenza del crocifisso, purché il Ministro mi autorizzasse ad esporre i miei simboli a fianco del crocifisso. E non si tratta di circostanza secondaria, perché essa al contrario evidenzia che la responsabilità del presunto “disagio degli utenti” - che mi si vuole appioppare - è semmai da imputare al Ministro di Giustizia, “razzista”, che mi ha impedito di esporre i miei simboli.

Se al PM aquilano stessero realmente a cuore gli interessi dei poveri cittadini italiani, egli avrebbe dovuto incriminare il Ministro di Giustizia che, con comportamento arrogante e razzista, mi ha vietato di godere della stessa dignità e degli stessi diritti che la Repubblica Pontificia Italiana accorda alla Superiore Razza Cattolica Italiana. Se fossi stato autorizzato ad esporre i miei simboli, io avrei seguitato a tenere le udienze: se questo non è stato fatto, ciò è dovuto al fatto che la Repubblica Pontificia Italiana è razzista.

Ma di questo il PM aquilano non ne ha tenuto conto, perché se ne avesse tenuto conto avrebbe dovuto incriminare il Ministro Cattolico: e questo, in una Colonia Pontificia, non si può fare.
Che le motivazioni del mio rifiuto siano poi irrilevanti, è un qualcosa di aberrante, che neppure una persona completamente digiuna di diritto potrebbe concepire.

Se un chirurgo si rifiuta di eseguire interventi chirurgici perché la Direzione sanitaria si rifiuta di togliere dalla sala operatoria un crocifisso radioattivo, che pregiudica la salute e la vita del chirurgo e dei pazienti, solo un imbecille patentato potrebbe affermare che le motivazioni addotte dal chirurgo siano assolutamente irrilevanti, perché quello che conta è soltanto il fatto che i pazienti hanno dovuto subire dei disagi perché, a causa del suo rifiuto, essi sono stati operati da altri chirurghi!!!!!!

Si tratta di un vero deliquio giuridico che, ovviamente, è stato accolto dal Tribunale dell'Aquila, che mi ha giustamente inflitto un'ulteriore condanna che, sommata alla precedente, porta ad un anno di reclusione ed un anno di interdizione dai pubblici uffici.

Il che, francamente, mi riempie di gioia e di orgoglio, perché ho così maturato i requisiti per candidarmi alle prossime elezioni politiche.

Sottolineo che questo processo è stato attivato su mie autodenunce e che, dunque, questa condanna non solo non mi scalfisce, ma anzi mi onora: altri quattro magistrati si sono uniti alla lista, già cospicua, dei magistrati che, a vario titolo, hanno condannato il mio comportamento, sia a livello penale che disciplinare.
Se a ciò si aggiunge che nella Repubblica Pontificia Italiana esiste un solo giudice - l’anonimo Luigi Tosti - che si rifiuta di calpestare la Costituzione Italiana e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, alla quale il Vaticano non ha potuto aderito perché contraria al suo regime liberticida, l’onore si trasforma in orgoglio: l’orgoglio di essere stato l’unico, in questa Colonia del Vaticano, che non a caso si colloca come fanalino di coda tra gli Stati membri della Comunità Europea, a lottare per questi valori.

Cari baciapile e cari sudditi del Vaticano, carissimi Veltroni, Berlusconi, Prodi, Fini, Bertinotti, Di Pietro, Santanchè, Storace, Mastella, Dini, Pecoraro, Ferrero e via dicendo, ci rivedremo a Strasburgo: cominciate, nel frattempo, ad inventarvi qualche trojata giuridica per convincere i Giudici della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che imporre ad uno sporco ebreo il crocifisso, e vietargli di esporre la sua menorà, non è un atto discriminatorio.

Carissimi Napoletani, smettetevela di sbraitare per la monnezza che vi seppellisce: i vostri beneamati Politici e il Vostro augusto Pontefice hanno dovuto lottare per altre incombenze ben più pressanti e prioritarie, e cioè per preservare la presenza degli idoli del Dio biblico incarnato nelle aule scolastiche, in quelle dei tribunali e in quelle degli ospedali. Sono stati spesi milioni per comprare centinaia di migliaia di idoli da esporre negli uffici pubblici: gli idoli non sono mica monnezza!

Perché non cominciate ad esporre sulle strade pubbliche, a fianco della monnezza, i crocifissi? Non lo sapete che “Dio vede e provvede”?
Amen

sabato 23 febbraio 2008

Il governo Prodi prima di morire ci fa un’altro regalino!!!


Corte Conti verso esclusione da controllo su controllate Tesoro

martedì 19 febbraio 2008 13:17

ROMA (Reuters) - Tra gli emendamenti al decreto Milleproroghe ammessi dal Comitato dei nove per l’esame alla Camera c’è quello che esclude la Corte dei Conti dal controllo sulle responsabilità degli amministratori di società quotate partecipate dal Tesoro.

L’articolo 16 bis è tra quelli emendati e ammessi e prevede infatti che “per le società quotate in mercati regolamentati, partecipate dallo Stato o da altre amministrazioni pubbliche, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del codice civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario”.

“Le disposizioni di cui al precedente periodo non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

Il voto sugli emendamenti al decreto avverrà in Commissione, probabilmente dalle 14,00 di oggi.

Il voto della Camera sul decreto è previsto per domani, poi il testo deve andare al Senato per essere convertito in legge entro il 29 febbraio 2008.

Con questa legge sparisce l’ultimo baluardo contro una corruzione sempre più diffusa. Anche se i richiami, le multe e le reprimende della Corte dei Conti sono serviti a ben poco, erano pur sempre un baluardo.

Adesso non più.

Quale magistrato indagherà mai o rinvierà a giudizio un DEMOCRATICO RAPPRESENTANTE DEL POPOLO DEL centroSINISTRA alla Pecoraro Scanio, alla Diliberto, alla De Mita, alla Di Pietro, ecc. La lista sarebbe lunghissima.

Ad maiora gente, ad maiora

venerdì 22 febbraio 2008

La trasmissione REPORT di Milena Gabanelli su RAI 3 predica bene MA RAZZOLA MOLTO MALE.


Navigando in rete ho trovato questa “chicca” che vi riporto da arcoris.tv del 9/02/2008 09:51

con preghiera di farla "girare".


CENSURA 'LEGALE'

Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell'informazione di cui non si parla mai. E' la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell'appoggio dell'indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l'opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti 'fuori dal coro'.

Si tratta, in sintesi, dell'abbandono in cui i nostri editori spesso ci gettano al primo insorgere di contenziosi legali derivanti delle nostre inchieste 'scomode'. Come funziona e quanto sia pericoloso questo fenomeno per la libertà d'informazione ve lo illustro citando il mio caso.

Si tratta di un fenomeno dalle ampie e gravissime implicazioni per la società civile italiana, per cui vi prego di leggere fino in fondo il breve racconto.

Per la trasmissione Report di Milena Gabanelli, cui ho lavorato dando tutto me stesso fin dal primo minuto della sua messa in onda nel 1994, feci fra le altre un'inchiesta contro la criminosa pratica del comparaggio farmaceutico, trasmessa l'11/10/2001 ("Little Pharma & Big Pharma"). Col comparaggio (reato da art.170 leggi pubblica sicurezza) alcune case farmaceutiche tentano di corrompere i medici con regali e congressi di lusso in posti esotici per ottenere maggiori prescrizioni dei loro farmaci, e questo avviene ovviamente con gravissime ripercussioni sulla comunità (il prof. Silvio Garattini ha dichiarato: "Dal 30 al 50% di medicine prescritte non necessarie") e spesso anche sulla nostra salute (uno dei tanti esempi è il farmaco Vioxx, prescritto a man bassa e a cui sono stati attribuiti da 35 a 55.000 morti nei soli USA).
L'inchiesta fu giudicata talmente essenziale per il pubblico interesse che la RAI la replicò il 15/2/2003.
Per quella inchiesta io, la RAI e Milena Gabanelli fummo citati in giudizio il 16/11/2004(1) da un informatore farmaceutico che si ritenne danneggiato dalle rivelazioni da noi fatte.

Il lavoro era stato accuratamente visionato da uno dei più alti avvocati della RAI prima della messa in onda, il quale aveva dato il suo pieno benestare.

Ok, siamo nei guai e trascinati in tribunale. Per 10 anni Milena Gabanelli mi aveva assicurato che in questi casi io (come gli altri redattori) sarei stato difeso dalla RAI, e dunque di non preoccuparmi(2). La natura dirompente delle nostre inchieste giustificava la mia preoccupazione. Mi fidai, e per anni non mi risparmiai nei rischi.
All'atto di citazione in giudizio, la RAI e Milena Gabanelli mi abbandonano al mio destino. Non sarò affatto difeso, mi dovrò arrangiare. La Gabanelli sarà invece ampiamente difesa da uno degli studi legali più prestigiosi di Roma, lo stesso che difende la RAI in questa controversia legale.(3) Ma non solo.
La linea difensiva dell'azienda di viale Mazzini e di Milena Gabanelli sarà di chiedere ai giudici di imputare a me, e solo a me (sic), ogni eventuale misfatto, e perciò ogni eventuale risarcimento in caso di sentenza avversa.(4)
E questo per un'inchiesta di pubblico interesse da loro (RAI-Gabanelli) voluta, approvata, trasmessa e replicata.*
*(la RAI può tecnicamente fare questo in virtù di una clausola contenuta nei contratti che noi collaboratori siamo costretti a firmare per poter lavorare, la clausola cosiddetta di manleva(5), dove è sancita la sollevazione dell'editore da qualsiasi responsabilità legale che gli possa venir contestata a causa di un nostro lavoro. Noi giornalisti non abbiamo scelta, dobbiamo firmarla pena la perdita del lavoro commissionatoci, ma come ho già detto l'accordo con Milena Gabanelli era moralmente ben altro, né è moralmente giusificabile l'operato della RAI in questi casi).
Sono sconcertato. Ma come? Lavoro per RAI e Report per 10 anni, sono anima e corpo con l'impresa della Gabanelli, faccio in questo caso un'inchiesta che la RAI stessa esibisce come esemplare, e ora nel momento del bisogno mi voltano le spalle con assoluta indifferenza. E non solo: lavorano compatti contro di me.
La prospettiva di dover sostenere spese legali per anni, e se condannato di dover pagare cifre a quattro o cinque zeri in risarcimenti, mi è angosciante, poiché non sono facoltoso e rischio perdite che non mi posso permettere.
Ma al peggio non c'è limite. Il 18 ottobre 2005 ricevo una raccomandata. La apro. E' un atto di costituzione in mora della RAI contro di me. Significa che la RAI si rifarà su di me nel caso perdessimo la causa. Recita il testo: "La presente pertanto vale come formale costituzione in mora del dott. Paolo Barnard per tutto quanto la RAI s.p.a. dovesse pagare in conseguenza dell'eventuale accoglimento della domada posta dal dott. Xxxx (colui che ci citò in giudizio, nda) nei confronti della RAI medesima".(6)


Nel leggere quella raccomandata provai un dolore denso, nell'incredulità.

Interpello Milena Gabanelli, che si dichiara estranea alla cosa. La sollecito a intervenire presso la RAI, e magari anche pubblicamente, contro questa vicenda. Dopo poche settimane e messa di fronte all'evidenza, la Gabanelli tenta di rassicurarmi dicendo che "la rivalsa che ti era stata fatta (dalla RAI contro di me, nda) è stata lasciata morire in giudizio... è una lettera extragiudiziale dovuta, ma che sarà lasciata morire nel giudizio in corso... Finirà tutto in nulla."(7)
Non sarà così, e non è così oggi: giuridicamente parlando, quell'atto di costituzione in mora è ancora valido, eccome. Non solo, Milena Gabanelli non ha mai preso posizione pubblicamente contro quell'atto, né si è mai dissociata dalla linea di difesa della RAI che è interamente contro di me, come sopra descritto, e come dimostrano gli ultimi atti del processo in corso.(8)

Non mi dilungo. All'epoca di questi fatti avevo appena lasciato Report, da allora ho lasciato anche la RAI. Non ci sarà mai più un'inchiesta da me firmata sull'emittente di Stato, e non mi fido più di alcun editore. Non mi posso permette di perdere l'unica casa che posseggo o di vedere il mio incerto reddito di freelance decimato dalle spese legali, poiché abbandonato a me stesso da coloro che si fregiavano delle mie inchieste 'coraggiose'. Questa non è una mia mancanza di coraggio, è realismo e senso di responsabilità nei confronti soprattutto dei miei cari.
Così la mia voce d'inchiesta è stata messa a tacere. E qui vengo al punto cruciale: siamo già in tanti colleghi abbandonati e zittiti in questo modo.
Ecco come funziona la vera "scomparsa dei fatti", quella che voi non conoscete, oggi diffusissima, quella dove per mettere a tacere si usano, invece degli 'editti bulgari', i tribunali in una collusione di fatto con i comportamenti di coloro di cui ti fidavi; comportamenti tecnicamente ineccepibili, ma moralmente assai meno.
Questa è censura contro la tenacia e il coraggio dei pochi giornalisti ancora disposti a dire il vero, operata da parte di chiunque venga colto nel malaffare, attuata da costoro per mezzo delle minacce legali e di fatto permessa dal comportamento degli editori.
Gli editori devono difendere i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e devono impegnarsi a togliere le clausole di manleva dai contratti che, lo ribadisco, siamo obbligati a firmare per poter lavorare.
Infatti oggi in Italia sono gli avvocati dei gaglioffi, e gli uffici affari legali dei media, che di fatto decidono quello che voi verrete a sapere, giocando sulla giusta paura di tanti giornalisti che rischiano di rovinare le proprie famiglie se raccontano la verità.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più un potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o tv, di molto superiore a quello di qualsiasi politico o servo del Sistema.


Posso solo chiedervi di diffondere con tutta l'energia possibile questa realtà, via mailing lists, siti, blogs, parlandone. Ma ancor più accorato è il mio appello affinché voi non la sottovalutiate (appello accolto, nda).


In ultimo. E' assai probabile che verrò querelato dalla RAI e dalla signora Gabanelli per questo mio grido d'allarme, e ciò non sarà piacevole per me.

Hanno imbavagliato la mia libertà professionale, ma non imbavaglieranno mai la mia coscienza, perché quello che sto facendo in queste righe è dire la verità per il bene di tutti. Spero solo che serva.

Grazie di avermi letto.


Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it


Note:
1) Tribunale civile di Roma, Atto di citazione, 31095, Roma 10/11/2004.
2) Fatto su cui ho più di un testimone pronto a confermarlo.
3) Nel volume "Le inchieste di Report" (Rizzoli BUR, 2006) Milena Gabanelli eroicamente afferma: "...alle nostre spalle non c'è un'azienda che ci tuteli dalle cause civili". Prendo atto che il prestigioso studio legale del Prof. Avv. Andrea Di Porto, Ordinario nell'Università di Roma La Sapienza, difende in questo dibattimento sia la RAI che Milena Gabanelli. Ma non me.
4) Tribunale Ordinario di Roma, Sezione I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa Milena Gabanelli chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza risarcitoria...".
5) Un esempio di questa clausola tratto da un mio contratto con la RAI: "Lei in qualità di avente diritto... esonera la RAI da ogni responsabilità al riguardo obbligandosi altresì a tenerci indenni da tutti gli oneri di qualsivoglia natura a noi eventualmente derivanti in ragione del presente accordo, con particolare riferimento a quelli di natura legale o giudiziaria".
6) Raccomandata AR n. 12737143222-9, atto di costituzione in mora dallo Studio Legale Di Porto per conto della RAI contro Paolo Barnard, Roma, 3/10/2005.
7) Email da Milena Gabanelli a Paolo Barnard, 15/11/2005, 09:39:18
8) Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima, Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del 30/6/2005...". (si veda nota 4)


Commenti alla lettera

2008-02-12 23:20:00

Sono Paolo Barnard. Rispondo innanzi tutto agli spettatori di Report,
che assieme a tanti altri italiani meritano verità, onestà, e finalmente
pulizia in questo Paese. Poi anche alle righe della signora Gabanelli
postate ieri alle ore 21,16.

Mi spiace che alcuni di voi si siano ritenuti soddisfatti dalle parole
dell’autrice di Report, che non ha risposto a nessuno dei punti
cruciali, a nessuno dei gravissimi fatti.

Milena Gabanelli scrive:

“Per quel che riguarda la questione legale che lo coinvolge, sono
convinta della bontà della sua inchiesta e penso che alla fine ci sarà
una sentenza favorevole. Ci credo al punto tale da aver firmato a suo
tempo un atto (che lui possiede e pure il suo avvocato) nel quale mi
impegno a pagare di tasca mia anche la parte sua (di Barnard, nda) in
caso di soccombenza. Non saprei che altro fare".

Quell’atto esiste solo nella fantasia della signora Gabanelli. Né io, né
il mio legale Avv. Pier Luigi Costa di Bologna, ne abbiamo mai ricevuto
una copia. Inoltre l’affermazione della sua esistenza da parte
dell’autrice di Report è pienamente contraddetta dagli atti processuali
da me resi pubblici, ove si legge: “Tribunale Ordinario di Roma, Sezione
I Civile-G.U. dott. Rizzo- R.G.N. 83757/2004, Roma 30/6/2005: "Per tutto
quanto argomentato la RAi-Radiotelevisione Italiana S.p.a. e la dott.ssa
Milena Gabanelli
chiedono che l'Illustrissimo Tribunale adìto
voglia:...porre a carico del dott. Paolo Barnard ogni conseguenza
risarcitoria...".

Confermato di recente da: Tribunale Civile di Roma, Sezione Prima,
Sentenza 10784 n. 5876 Cronologico, 18/5/2007: "la parte convenuta
RAI-Gabanelli insisteva anche nelle richieste di cui alle note del
30/6/2005...".

La generosa offerta della Gabanelli non esiste, e sarebbe comunque stata
una vergogna, un tentativo di tacitare me mentre lei poteva di fronte ai
suoi datori di lavoro mostrarsi pienamente in accordo con la loro
sciagurata politica nei mie confronti. Che è quello che ha fatto e
controfirmato in ogni atto processuale.

Milena Gabanelli scrive:
“Gli autori furono messi a conoscenza della questione e tutti decisero
di continuare "l'avventura" con Report.”

Non è vero. Esistono redattori pronti a testimoniare di non aver mai
sentito Milena Gabanelli pronunciare quell’avvertimento, soprattutto
quando sollecitata a chiarire questioni in merito. Di sicuro non lo fece
mai in mia presenza. Io non fui mai posto di fronte a una simile bivio,
al contrario, mi fu sempre detto di stare tranquillo.

Milena Gabanelli scrive:

“E' bene sapere che quando si va in giudizio ognuno risponde per la
parte che gli compete: gli autori rispondono del loro pezzo, la
sottoscritta per tutti i pezzi (in qualità di responsabile del
programma), la rai in quanto network che diffonde la messa in onda.
Qualora il giudice dovesse stabilire che c'è stato dolo da parte
dell'autore, a pagare saranno tutti i soggetti coinvolti (la rai, la
sottoscritta, l'autore).”

Che a pagare possano eventualmente essere tutti non è in discussione,
signora Gabanelli. Che lei e la RAI tentiate di mandare al macello uno
solo, cioè Paolo Barnard, l’anello più debole della catena, e che vi
siate lungamente accaniti in ciò come dimostrano i documenti processuali
sopraccitati, e che la RAI abbia addirittura tentato di rivalersi su di
me anche fuori dal processo, è ben altra cosa. Lascio ogni giudizio
sulla sua condotta ai suoi spettatori. E taccio qui sul dolore personale
che ho subito. Non è questo il contesto.

Milena Gabanelli scrive:

“Certo, se su ogni puntata vieni trascinato in tribunale, alla fine può
darsi che lasci la partita perchè non riesci più a reggere fisicamente.
Ma questo non è colpa della rai di turno, bensì di un sistema giudiziario”

No, la RAI ha responsabilità pesanti, nell’abbandono dei giornalisti
collaboratori che tanto hanno fatto per i suoi palinsesti, come nel caso
in oggetto. Noi ‘esterni’ siamo quelli col coraggio, quelli che lavorano
dieci volte gli altri, quelli senza stipendio, quelli che non
confezionano le narrative false dei TG1, TG2, TG3, che non sono pagati
mensilmente per “rendere plausibile l’inimmaginabile” presso gli
italiani. Noi siamo quelli usati e cestinati al primo problema. Io sono
giornalista e prima di ogni altra cosa punto il dito verso il mio
editore e i miei capi, e ne pagherò i prezzi. Lei Milena Gabanelli
dovrebbe fare la stessa cosa e pubblicamente, per il bene del
giornalismo italiano, se lei ne avesse il coraggio.

Milena Gabanelli scrive:

“Paolo Barnard. E' un professionista che stimo molto, ma purtroppo
l'incompatibilità ad un certo punto era diventata ingestibile, e così a
fine 2003 le strade si sono separate.”

Non è vero. La mia separazione dalla gente di Report fu a causa di una
sordida storia di inumanità e di viltà che con questa mia denuncia non
ha nulla a che fare. Mi addolora ancora di più che Milena Gabanelli la
citi qui, del tutto fuori contesto.

Milena Gabanelli scrive:

“Il lavoro che io e gli altri colleghi di report abbiamo deciso fin qui
di fare non ce lo ha imposto nessuno. E' un mestiere complesso che
comporta molti rischi, anche sul piano personale. Si può decidere di
correrli oppure no, dipende dalla capcità di tenuta, dal carattere e
dagli obiettivi che ognuno di noi si da nella vita. Il resto sono
polemiche che non portano da nessuna parte e sottragono inutilmente
energie.”

Come dire ‘Se Paolo Barnard non ha i cosiddetti, cambi mestiere e non ci
faccia perdere del tempo’. Non mi risulta che Bernardo Jovene, Sabrina
Giannini, Stefania Rimini o altri a Report siano stati abbandonati come
me, che la RAI e Milena Gabanelli si stiano accanendo in un’aula di
tribunale per scaricargli colpe non loro, che la RAI li stia minacciando
con ulteriori accanimenti legali, e che Milena Gabanelli sia rimasta
zitta per 4 anni di fronte a una vergogna simile perpetrata nei loro
confronti.

Milena Gabanelli, con le sue righe, tipicamente sguscia da una
situazione indecente senza prendere una posizione morale, senza quel
‘coraggio’ che l’ha resa famosa, avallando di nuovo ciò che lei stessa e
la RAI mi stanno facendo. Avallando oltre tutto il peggior precariato
nel giornalismo (sic).

In questo modo prolifera la censura da me denunciata, che così tanti
colleghi finiscono per subire, una censura che sottrae a voi spettatori,
a voi, il diritto di sapere quello che gli avvocati da una parte o
dall’altra non vogliono che voi sappiate.

Ci sono cose, signora Gabanelli, su cui si deve prendere posizione,
costi quel che costi. Io lo faccio qui e ora e le dico: Lei e la RAI
siete responsabili di una condotta ignobile, troppo diffusa fra gli
editori di questo povero Paese. Lei più della RAI, perché lei dovrebbe
essere il volto del ‘coraggio televisivo’ per definizione.

Verrò travolto dalle vostre querele, a tutela del vostro ‘buon nome’, ma
ho deciso di mettermele alle spalle. Io prendo posizione di fronte a
questa censura con cui lei Gabanelli è in palese collusione, e il mio
coraggio è comunque una piccola cosa, perché c’è chi ha preso posizione
di fronte a una camera di tortura in Cile o di fronte a un Merkava in
Palestina. Il vero coraggio è loro, non mio.

Né lei né la RAI mi zittirete mai.

Paolo Barnard
11.02.2008

-- NADIRinforma

2008-02-12 23:15:52

Ogni azienda, giornale o tv fornisce l'assistenza legale (ovvero paga l'avvocato) ai propri dipendenti, non ai collaboratori. Quando abbiamo iniziato (1997)nessuno di noi si era posto il problema, che invece abbiamo affrontato quando sono arrivate le prime cause (2000). Si trattava di querele per diffamazione. La sottoscritta e il direttore di allora chiedemmo assistenza legale e ci fu concessa. Fatto che si verificò in tutti i successivi procedimenti penali. Le prime cause civili arrivarono nel 2004, e lì scoprimmo che invece non ci sarebbe stata copertura legale. La tutela veniva fornita a me in virtù del contratto di collaborazione con la rai, ma "a discrezione", ovvero dovevo presentare una memoria difensiva con la quale dimostravo, punto per punto, di aver agito bene. Non avendo l'autore del servizio nessun contratto di collaborazione con la rai (pochè vende il pezzo), si assume i rischi in caso di richiesta di risarcimento danni. La realtà era questa: o prendere, o lasciare. Gli autori furono messi a conoscenza della questione e tutti decisero di continuare "l'avventura" con Report. Con tutte le angoscie del caso, ma a dominare è stata la convinzione di tutti noi che lavorando bene alla fine le cause si vincono e il soccombente dovrà pure pagare le spese. Da parte mia ho iniziato una lunga battaglia per poter avere ciò che nessuna azienda normalmente fornisce ai non dipendenti: l'assistenza di un avvocato in caso di causa civile (nel penale, come ho già detto, ci è stata fornita fin dall'inizio). Dal 2004 in poi la tendenza è stata quella di farci prevalentemente cause civili, con tutto quel che ne consegue in termini di stress, tempo che perdi, e paure che ti assalgono. E' bene sapere che quando si va in giudizio ognuno risponde per la parte che gli compete: gli autori rispondono del loro pezzo, la sottoscritta per tutti i pezzi (in qualità di responsabile del programma), la rai in quanto network che diffonde la messa in onda. Qualora il giudice dovesse stabilire che c'è stato dolo da parte dell'autore, a pagare saranno tutti i soggetti coinvolti (la rai, la sottoscritta, l'autore). E questo vale per tutti, anche i dipendenti. La differenza è che prima di arrivare alla sentenza nessuno ti paga l'avvocato. Nel 2007 le cause arrivano ad un numero talmente elevato che passo più tempo a difendere me e i miei colleghi che non a lavorare. Ma a luglio 2007 il direttore generale Cappon chiede all'ufficio legale della rai di garantire la piena assistenza legale a tutti gli autori di Report. Questo non ci toglie le ansie (finchè non c'è una sentenza non sai di che morte muori), però almeno sai che alle tue spalle c'è un'azienda che ha riconosciuto il valore del tuo lavoro e ti paga l'avvocato. E' stato difficile ottenere questo risultato, ma c'è stato e questo è oggi quello che conta.
Certo, se su ogni puntata vieni trascinato in tribunale, alla fine può darsi che lasci la partita perchè non riesci più a reggere fisicamente. Ma questo non è colpa della rai di turno, bensì di un sistema giudiziario che permette a chiunque di fare cause pretestuose, senza che ci sia a monte un filtro (come avviene invece nelle cause penali) che valuti l'eventuale inconsistenza della causa stessa.
Paolo Barnard. E' un professionista che stimo molto, ma purtroppo l'incompatibilità ad un certo punto era diventata ingestibile, e così a fine 2003 le strade si sono separate. Per quel che riguarda la questione legale che lo coinvolge, sono convinta della bontà della sua inchiesta e penso che alla fine ci sarà una sentenza favorevole. Ci credo al punto tale da aver firmato a suo tempo un atto (che lui possiede e pure il suo avvocato) nel quale mi impegno a pagare di tasca mia anche la parte sua in caso di soccombenza. Non saprei che altro fare.
Non ho il potere di cambiare le regole di un'azienda come la Rai, credo di aver fatto tutto quello che è nelle mie modeste capacità. Il lavoro che io e gli altri colleghi di report abbiamo deciso fin qui di fare non ce lo ha imposto nessuno. E' un mestiere complesso che comporta molti rischi, anche sul piano personale. Si può decidere di correrli oppure no, dipende dalla capcità di tenuta, dal carattere e dagli obiettivi che ognuno di noi si da nella vita. Il resto sono polemiche che non portano da nessuna parte e sottragono inutilmente energie.
Un caro saluto a tutti.
Milena Gabanelli


Messaggio 10 Feb 2008, 21:16
http://www.forum.rai.it/index.php?showtopic=193515&f=141

giovedì 21 febbraio 2008

Finalmente è iniziato il repulisti!!!

Una delle reazioni alla mancata candidatura di Ciriaco De Mita nel PD:

Il senatore a vita, Francesco Cossiga, ha inviato una lettera a De Mita: «Esimio Onorevole, da lunghissimo tempo ormai i nostri rapporti si sono definitivamente deteriorati e si sono non interrotti, ma rotti. Ma Lei rimane pur sempre per me uno dei leader più prestigiosi e intelligenti della Democrazia Cristiana e in essa della Sinistra di Base, anche se pessimo segretario politico e ancor peggiore Ministro e Presidente del consiglio: una versione moderna e democratica del clientelismo meridionale. Lei rimarrà sempre nella storia politica del Paese e in particolare in quella della Democrazia Cristiana». «È ingiusto - aggiunge il presidente emerito della Repubblica - che non la vogliano ricandidare! Non immiserisca però questa Sua figura, La prego - anche a difesa della dignità di tutti noi democratico-cristiani -, insistendo per essere candidato nel Partito Democratico che non La vuole. E, La prego! non scivoli nel patetico e nel ridicolo, dando vita ad una piccola e fasulla lista campana! Caso mai, in cambio, si faccia dare... qualche Asl», conclude Cossiga.

da Corriere on line del 20 febbraio 2008

Oscurare Google in nome del risparmio energetico*

Giovedì, 21/02/2008 - 00:50

Si chiama Google Nero o Nerooogle, è la versione in tinte fosche del motore di ricerca che potrebbe far risparmiare al mondo un buona dose di energia elettrica.

Mark OntkushIl progetto di oscurare il sito del colosso americano nasce da un articolo del blogger e ricercatore Mark Ontkush (nella foto a destra) dalle cui analisi, infatti, è scaturita la prospettiva di risparmiare energia semplicemente cambiando lo sfondo del noto sito web.

Usare il cosiddetto blackback di colore nero per ridisegnare il design della Home page di Google permetterebbe ad ogni utente di consumare esclusivamente 59 watt rispetto ai 74 watt necessari per visualizzare la versione originale.

Stiamo parlando, dunque, di un risparmio per utente di 8.3 MegaWatt al giorno che potrebbe raggiungere i 3.000 MegaWatt annui, il che ha generato una filosofia positiva denominata “The Dark Side of Google”.
* da Portel.it

Il consiglio regionale della Campania di nuovo nella bufera

Il consiglio regionale della Campania di nuovo nella bufera
Ai domiciliari il consigliere Pd Roberto Conte

Analogo provvedimento per l'ex potente funzionario della Regione, Lucio Multari, e per gli imprenditori della security, Buglione

NAPOLI, 20 febbraio 2008 *

Una nuova bufera sul Consiglio regionale della Campania. Sei arresti, tutti ai domiciliari, con l'accusa di corruzione. Tra loro c'è il consigliere regionale del Pd, Roberto Conte (ora sospeso dagli incarichi di partito), 44 anni, esponente della corrente rutelliana dei «Riformisti coraggiosi», l'ex potentissimo capo dell'ufficio amministrazione e personale della Regione, Lucio Multari, e i fratelli Buglione, imprenditori nel settore della security.

GLI ARRESTI - Le sei persone arrestate dalle Fiamme Gialle sono, oltre Conte e Multari, il commercialista Giuseppe Ranieri, il medico Emanuele Cameli e appunto i fratelli imprenditori Carmine e Antonio Buglione. Le indagini condotte dalla Procura di Napoli hanno accertato che il consigliere regionale propose nel 2005 di trovare alcuni locali dove collocare uffici del consiglio regionale. Nel frattempo, e prima che iniziassero le procedure di valutazione delle offerte da parte dell’allora dirigente reponsabile del settore amministrazione, Multari, Conte costituì, insieme con gli imprenditori Antonio e Carmine Buglione, la società «Europa Immobiliare srl»: nella società il consigliere non appariva ma aveva inserito come prestanome una casalinga nullatenente. Attraverso numerose irregolarità procedurali, l’ex dirigente Multari - secondo l’accusa - fece in modo da far prevalere l’offerta della società in cui era inserito Conte ed insieme con lui predispose il contratto di locazione nell’ambito del quale si prevedeva, oltre ad un canone di circa 500 mila euro l’anno, una clausola che poneva a carico del Consiglio regionale una serie di spese accessorie quali vigilanza, portierato, pulizia, disinfestazione affidati, senza alcuna gara, in global service al «Consorzio C.e.s.a s.c.a.r.l». che fa capo sempre ai Buglione. In questo modo, hanno sottolineato gli inquirenti, il consigliere regionale ha percepito «vantaggi economici rilevantissimi». Il tutto per dei locali, collocati al Centro direzionale e in via Santa Maria del Pianto, che non sono mai stati utilizzati.

IL CONSIGLIERE «CORAGGIOSO» - Conte, consigliere Pd, era stato indagato il 28 gennaio scorso nell’inchiesta che aveva portato all’arresto di sei esponenti del clan camorristico Misso. Il politico avrebbe ottenuto l’appoggio, anche economico, della malavita della Sanità durante la campagna elettorale del 2001 in cambio di promesse di assunzioni e di appalti per la realizzazione di opere pubbliche e di gare per la fornitura di servizi presso strutture pubbliche. Conte fu, in quell'occasione, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Poco prima, alla fine del mese di dicembre, Conte fu coinvolto in un’ulteriore indagine, condotta sempre dalla procura della Repubblica partenopea, su presunti appalti truccati nel settore degli impianti tecnologici per la Regione Campania, degli estintori e del centro stampa per il Comune di Napoli.

L'EX POTENTE FUNZIONARIO - Un altro degli arresti «eccellenti» è quello di Lucio Multari ex potente dirigente del settore Amministrazione, Contabilità e Gestione del personale del Consiglio regionale, licenziato a fine 2006 «per giusta causa» . La lettera di chiusura del rapporto, davvero clamorosa, firmata dall’attuale segretario generale Roberto De Liso conteneva 12 pagine di durissime accuse. Al dirigente regionale venivano mosse contestazioni pesanti. Sull’operato di Multari c’era, peraltro, già stata una sentenza della Corte dei Conti d’Appello, pubblicata il 28 gennaio 2005, che confermava una condanna «per responsabilità amministrativa gravemente dolosa, consistita nell’aver causato alla Regione un danno di 150 mila euro». Secondo i giudici amministrativi il dirigente regionale avrebbe «inquadrato» prima nella carriera direttiva e poi in quella dirigenziale del Consiglio un «operaio a giornata». Ma questa era solo la prima delle tante contestazioni mosse a Multari. La più eclatante riguardava un pagamento di 40 mila euro e l’impegno di spesa e liquidazione di 1 milione e 188 mila euro prelevati da un «capitolo di spesa inesistente» , il «7000 RP 2004». Nell’ottobre del 2005 emergeva poi che la ditta appaltatrice del facchinaggio e pulizia degli edifici del Consiglio non aveva presentato il certificato antimafia. Qualche mese dopo il prefetto di Napoli, con nota riservata, informava la Regione che « sussistono tentativi di infiltrazione camorristica » nella ditta in questione.

I FRATELLI BUGLIONE - «Ne hanno fatta di strada i fratelli Buglione di Saviano», scriveva il settimanale «L'Espresso» alla fine del 2006. Da piccoli raccomandati di provincia a massimi esperti di sicurezza, micro e macrocriminalità. Con la loro rete di agenzie di polizia, proteggono infatti un terzo di Napoli. Sono tanto stimati che, grazie a una gara d'appalto del 2005, i loro vigilantes sono diventati la guardia privata della Regione Campania. Così ha deliberato una commissione della giunta di Antonio Bassolino quando ha dovuto stabilire chi doveva presidiare gli uffici e le sedi del Consiglio regionale. L'annuncio sul Bollettino ufficiale regionale era tanto stringato che solo gli addetti ai lavori se ne sono accorti. Cinque righe per un contratto da 4 milioni e mezzo di euro. Difendere la Regione a Napoli è come difendere il governatore e i suoi amministratori dalla camorra. Un biglietto da visita di cui vantarsi.

IL PROCURATORE - Niente più mazzette, tangenti, niente più buste e valigie piene di soldi: la corruzione segue altre tecniche che chiamano in causa società occulte tra esponenti della politica, imprenditori e burocrati. È lo scenario tratteggiato dal procuratore Giovandomenico Lepore. «Oggi a Napoli esiste un sistema ben più sofisticato per stipulare accordi tra pubblici ufficiali e imprenditori - ha spiegato Lepore - non vi è più il classico pagamento delle "mazzette" ma, in vista di iniziative determinate o dallo stanziamento di fondi pubblici o dalla rappresentazione, più o meno artificiosa, di esigenze di pubblico interesse, si vengono a costituire società occulte». Di sicuro, ripete più volte Lepore, «la corruzione sta aumentando sempre di più». «Il lavoro è tanto, così tanto che sto pensando di rafforzare, dal punto di vista dei magistrati, la sezione della pubblica amministrazione - ha spiegato - quando, come spero, verrà ricoperto tutto l’organico, vorrei rivedere la situazione perché purtroppo il lavoro è tanto la corruzione si diffonde sempre di più, dai più bassi al più alti strati».

*dal Corriere on line

lunedì 18 febbraio 2008

Un partito impaurito

Riporto esattamente quanto scritto sul Riformista on line del 15 febbraio scorso:

CHE SILENZIO DENTRO IL PD SU DI PIETRO
Non era difficile prevedere l’accordo politico-elettorale tra Veltroni e Di Pietro: un tandem che caratterizzerà la campagna elettorale del Pd. L’ex pm è per Veltroni, non da oggi ma da quando dirigeva l’Unità, l’immagine della giustizia e della legalità. Leggo sui giornali che Di Pietro dovrebbe coprire il Pd sulla «questione morale». Se le cose stanno così, la concezione di cosa siano la giustizia e la legalità e anche la moralità nel Pd deve essere veramente scadente. Leggo anche che gli ultimi sforzi di Walter sono spesi per «recuperare i radicali». Il cinismo politico non ha più confini se c’è chi ipotizza l’accoppiata Di Pietro-Pannella. La verità è che il no di Veltroni per un’alleanza con i socialisti (per fortuna non sono tra i recuperabili) e l’idea di recuperare i radicali con fare padronale è l’approdo di una deriva politica i cui esiti è difficile prevedere. Non siamo certo per il “tanto peggio, tanto meglio”, tuttavia notiamo che due soli esponenti del Pd, Polito e Caldarola, hanno criticato apertamente la scelta veltroniana. Eppure conosco tanti miei amici, oggi in prima fila nel Pd, che sul Di Pietro di ieri e di oggi hanno un giudizio più pesante del mio. Ma tacciono. Che tristezza.

Riporto anche quanto scritto su Panorama del 21/02/2008,pag57 dal senatore del PD, Antonio Polito:

"Finora il PD ha definito la sua identità alla Montale: <>. Un'operazione di sottrazione , più che di addizione. Walter Veltroni sembra ispirarsi alla tecnica di Michelangelo, che estraeva le sue figure dal marmo buttando il superfluo. Pare chiaro, per esempio, che i pieddini non sono e non vogliono essere radicali. (...) Se volesse dimostrare la sua laicità, il PD dovrebbe offrire un seggio a Pannella, pur senza federarsi col Partito radicale. Il grande vecchio dei radicali merita infatti un diritto di tribuna a Montecitorio (...). Dalle colonne del Riformista un tempo l'avevo proposto come senatore a vita. Si può portare PAnnella in Parlamento senza diventare pannelliani. Un partito sicuro di sè gliel'offrirebbe. Un partito impaurito gli preferisce Antonio Di Pietro."

domenica 17 febbraio 2008

Cose si dice sulla rete riguardo all’ex pm Di Pietro*

Diceva di pensarla come BEPPE, ma intanto su TAV, INCENERITORI, PONTE sullo STRETTO, PRECARIETA’, pestaggi alla DIAZ, base DAL MOLIN la pensa ESATTAMENTE al CONTRARIO. (1)

Diceva di appoggiare il V-DAY, ma intanto sta per candidarsi alla sua QUINTA LEGISLATURA.

Diceva di appoggiare DE MAGISTRIS e la FORLEO, ma intanto va a braccetto con D’ALEMA e FASSINO e si è alleato con l’inciucista VELTRONI.

Diceva di essere diverso dalla CASTA, ma ha candidato DE GREGORIO, si ripeterà quest’anno con CUTRUFO, e intanto sta assorbendo nel suo PARTITO CONDANNATI per TANGENTOPOLI e pezzi di UDEUR prendendone il posto nel controllo dei finanziamenti al SUD (2), tanto che nel suo stesso partito hanno DUBBI sulla sua ONESTA’. (3)

Diceva di essere contro BERLUSCONI e MASTELLA, ma in questa legislatura ha votato spesso INSIEME a LORO, come sullo stretto e sui pestaggi alla diaz.

Continua a chiedere voti ai grillini per il SUO PARTITO dicendo che è uno di noi, ma in realtà è solo un BUGIARDO IPOCRITA.

Lo avete riconosciuto tutti…è l’ONOREVOLE antonio DI PIETRO.

E io dovrei votare per uno così? Chi su questo sito (NdR si tratta del blog di Beppe Grillo) invita a farlo o NON SA QUESTE COSE (e in questo caso lo inviterei in tutta AMICIZIA a RIFLETTERCI) o è un INFILTRATO dell’IDV.

(Qua sotto i link, e potete controllare)

(1)
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/01_Gennaio/15/base_vicenza.shtml
http://eddyburg.it/article/articleview/9945/0/34/
http://www.lanuovaecologia.it/ecosviluppo/grandi_opere/6009.php
http://beppegrillo.meetup.com/15/messages/boards/thread/4054000
http://www.alessandroronchi.net/2008/01/10/inceneritori-e-necessario-difendere-le-sacrosante-battaglie/

(2)
http://fainotizia.radioradicale.it/2008/02/11/transumanza-in-calabria-dal-partito-di-mastella-allitalia-dei-valori

(3)
http://www.idvgiovani.it/2006/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=231&view=next

francesco v. Commentatore certificato

re pizzico (autoproclamatomi sovrano del blog) Commentatore certificato15.02.08 19:58

* tratto dal blog di Beppe Grillo

Riforme non fatte e protesta antisistema.

Il grande errore

di Angelo Panebianco *

Se si sprecano le occasioni, prima o poi la storia si vendica, presenta il conto. Nella società disgregata, «a coriandoli», secondo la felice definizione di Giuseppe De Rita, convivono, senza contraddizione, cinismo, rassegnazione, cupo pessimismo e movimenti di protesta anti sistema di crescente intensità. Ciò è il frutto del «Grande errore »: il mancato rinnovamento dello Stato negli anni Novanta. Per un certo periodo le conseguenze del grande errore non vennero comprese da molti. Ma nel momento in cui, dal conflitto orizzontale, fra Berlusconi e i suoi nemici, si passa al conflitto verticale, fra settori significativi dell'elettorato e la classe politica, quelle conseguenze diventano drammaticamente evidenti. Dio non voglia che ciò preannunci un nuovo ciclo di violenza.

Nei cinque anni del governo Berlusconi, la disgregazione, comunque in atto, rimaneva nascosta ai più. La società era tenuta insieme da un grande collante: l'odio. Per mezza Italia, al governo c'era l'Uomo Nero, il Caimano. Lo scontro fra le fazioni era feroce. Prima che due politiche, nel Paese si scontravano (credevano di scontrarsi) due antropologie. Era facile, allora, per metà del Paese, attribuire ogni male, grande o piccolo, al ruolo malefico dell'usurpatore, dell'Uomo Nero. Ora che l'Uomo Nero non governa, il conflitto orizzontale ha perso intensità. E la prova deludente del governo di centrosinistra ha modificato la struttura del conflitto: allo scontro orizzontale fra Berlusconi e gli altri si è sovrapposto lo scontro verticale fra settori rilevanti dell'elettorato, soprattutto di sinistra (vedi gli applausi per Beppe Grillo al Festival dell'Unità) e la classe politica. Non potendosela prendere solo con il governo per il quale, in maggioranza, hanno votato, quegli elettori spostano il tiro sul Sistema.
Nei primi anni Novanta, con la fine della Guerra fredda e i conseguenti effetti dirompenti sulla politica italiana, si aprì una «finestra di opportunità» che non fummo capaci di sfruttare a fondo. Non ci fu il passaggio dalla Repubblica dei partiti allo Stato repubblicano. Cambiò il sistema elettorale, venne l'elezione diretta di sindaci e Presidenti di Regione. Ma non fu intaccata l'architettura complessiva. Non ci fu realmente una «Seconda Repubblica».

Per oltre 40 anni i partiti politici erano stati i supplenti, i sostituti funzionali, delle istituzioni statali: la «partitocrazia» al posto dello Stato. A quel sistema dei partiti, quando morì, non subentrarono istituzioni pubbliche rinnovate (un forte governo, amministrazioni pubbliche snelle ed efficienti, eccetera). Ne paghiamo il prezzo. Senza più partiti radicati e forti e con istituzioni sempre inadeguate, sprovviste di autorevolezza, e quindi deboli, la democrazia si trova priva di ancoraggi. Da qui le spinte centrifughe e disgreganti. In mancanza di meglio si tenta ora la strada della ricostituzione dei partiti (il Partito democratico, forse la Federazione della destra). In un Paese di fazioni, si cerca, almeno, di ridurre il numero delle fazioni. È una buona cosa perché la frammentazione fa comunque male.

Ma, forse, è troppo poco. Persino i politici se ne rendono conto e dopo essere stati responsabili del grande errore riprendono l'infinita danza intorno alle «indispensabili» riforme istituzionali da fare. Senza considerare che le parole della politica non servono a costruire consenso e a indicare mete quando sono state logorate per il troppo uso. Ci vorrebbero leader veri, capaci di rischiare, ma il sospetto è che i leader siano stati sostituiti dagli uomini dello spettacolo.

* da Corriereonline del 17 settembre 2007

I numeri dei capi di stato

Spesa per il Quirinale nel 1992 (euro correnti).............................107.311.000

Spesa per la Corona britannica nel 1992 (euro correnti)...............132.790.000

Spesa per il Quirinale nel 2006 (euro correnti).............................217.000.000

Spesa per la Corona britannica nel 2006 (euro correnti).................56.800.000

Personale del Quirinale (militari esclusi)......................................................1.072

Personale della Corona britannica (militari esclusi)....................................433

Personale dell'Eliseo (militari esclusi)*.....................................................535

Personale del Bundestag (militari esclusi)*...............................................160

Artigiani impegnati nella manutenzione del Quirinale*.................................59

Artigiani impegnati nelle residenze reali britanniche....................................15

Corazzieri al Quirinale.............................................................................297

Carabinieri impegnati a Castelporziano*...................................................109

Addetti al servizio giardini della presidenza della Repubblica*....................115

Autisti del Quirinale*................................................................................45

Addetti al gabinetto della segreteria generale del Quirinale*........................63

Addetti all'ufficio di segreteria della regina Elisabetta..................................43

Costo medio annuo lordo di un dipendente del Quirinale........................74.500

Costo medio annuo lordo di un dipendente della Corona britannica.........38.850

* Dati relativi al 2001

Valori espressi in euro 2006

CONCLUSIONE:

Abbiamo un presidente della Repubblica che ci costa quanto QUATTRO REGINE!!!

(I NUMERI che avete letto in rosso, OVVERO NOSTRI SOLDI DILAPIDATI, PER I QUALI NOI CITTADINI DOBBIAMO INDIGNARCI E CHIEDERNE CONTO E RAGIONE AI NOSTRI DIPENDENTI, COME LI DEFINISCE Beppe Grillo,il comico?).

Lettera aperta all'ex guardasigilli Mastella.

Dal blog del senatore Mastella, attuale ministro di giustizia della Repubblica italiana, riporto:

" venerdì 31 agosto 2007

Due cose sulle case e sulla Casta

Scrivo due cose sulle case, per cui sono stato chiamato in causa sui giornali, e sulla cosiddetta Casta di privilegiati.
Primo agomento: se avessi voluto comportarmi male in tutti questi anni di politica passati in primo piano, non mi troverei oggi senza soldi da parte. Io ho investito i sacrifici di una vita, dopo tanti anni di affitto a Roma, in una casa di 85 metri quadri. Avrei potuto condurre una vita diversa, scorretta e disonesta e, dopo tanti anni in posizioni di potere, comperare decine di case o farmele regalare.
* Capisco anche che fare questo discorso è assurdo, perché uno non è che si può vantare di essersi comportato correttamente. Farlo è infatti ciò che ci si attende da noi politici. Ma non si può neanche restare freddi e distaccati davanti alle accuse di comportamenti disonesti quando la propria vita è stata condotta respingendo i facili compromessi in nome del rispetto dei valori dell'onestà e del rigore.
Secondo argomento: il diritto di prelazione, che non è il privilegio di una Casta "d'intoccabili" ma un diritto di molti italiani che si sono trovati in uguale posizione, mi ha consentito di investire dei soldi anche per piccole metrature per i figli. Problemi comuni a molti cittadini come potete vedere e affrontati, ripeto, con i "privilegi" di moltissimi inquilini che si sono trovati nelle mie condizioni. E nel rispetto delle leggi. E risponderò, a chi metterà in dubbio la veridicità di quanto dico, in ogni modo.

Sen.Clemente Mastella

* Signor Mastella, forse la domanda che l'ha tanto importunata era posta male, ma dalla sua risposta nasce spontanea un'altra domanda: i vari appartamenti di oltre un miliardo di valore del vecchio conio (come direbbe un noto presentatore televisivo) intestati alle società facenti capo ai suoi figli e/o familiari, sono stati acquistai anche con i risparmi di una vita, sua o dei suoi figli? E l'appartamento utilizzato come sede del suo partito, di proprietà di una delle società dei suoi figli, acquistato con parte di denaro avuto quale finanziamento pubblico per il giornale del suo partito, fa parte anche dei risparmi di una vita?

I costi della politica in Italia

In Italia i costi della politica sono i più alti d'Europa?

Sì.

La previsione di spesa per il Parlamento nel 2007 è di 1.465 miliardi di euro, di cui 962 milioni per la Camera e 503 per il Senato.

In Francia spenderanno in tutto 845 milioni, in Germania 644, in Gra Bretagna 411.

I più parsimoniosi sono gli spagnoli: 150 milioni di euro.

(fonte Panorama 07/2007)