giovedì 22 ottobre 2009

La domanda a cui Repubblica non risponde

Il quotidiano Repubblica di De Benedetti ha, ossessivamente e per molto tempo, posto dieci domande al premier.
Adesso che una sola domanda viene posta a questo giornale che si erge a paladino della pubblica moralità e correttezza, tace.
Ecco i fatti.


La domanda a cui Repubblica non risponde

di Vittorio Feltri

Tutto previsto. La reazione di la Repubblica al nostro articolo su Corrado Augias, descritto come collaboratore dei servizi segreti cecoslovacchi ai tempi della Cortina di ferro, è arrivata puntuale e nei toni attesi. Una mezza paginata dello stesso Augias che reclamala propria innocenza e un commento di D’Avanzo, editorialista descamisado da alcuni mesi dedito alla narrazione delle attività notturne, vere o presunte, di Silvio Berlusconi. Il primo cerca di buttarla sul ridere, minimizza la portata dei fatti e naturalmente accusa il Giornale di aver costruito sulla sua candida personcina un castello di balle. Evidentemente non aveva molto altro da dire, benché nel pezzo si sia dilungato in vari particolari privi del minimo interesse. Il secondo riprende il filo di un discorso che va facendo e ripetendo da quando sono tornato al Giornale: il Cavaliere comanda e io, Brighella, eseguo, anzi sparo. Lasciamoglielo credere, così è contento. Infatti il problema non sono le ossessioni di D’Avanzo né le imbarazzate argomentazioni difensive di Corrado Augias. Ciò che rimane sospeso per aria è il contenuto di quanto abbiamo pubblicato. I due colleghi citati non entrano nel merito della questione; non spiegano, non giustificano, non precisano. Si limitano a scrollare le spalle e girano là frittata secondo lo stile ormai invalso nel loro quotidiano di lotta debenedettiana contro il capo del governo e tutto ciò che in qualche modo si riconduca a lui. Augias lascia intendere di essere molto offeso perché, valutato il materiale in nostro possesso, non gli abbiamo telefonato per informarlo. Praticamente ci accusa di aver colpito lui per colpire la Repubblica, e glissa sul resto come se la storia dello spionaggio che lo riguarda fosse un’invenzione denigratoria. È proprio qui che si sbaglia di grosso. C’è o ci fa? Si dà il caso, caro Corrado, che non sia stato il Giornale ad attribuirti una intensa collaborazione con gli apparati spionistici della Cecoslovacchia, Paese nemico all’epoca della guerra fredda, bensì gli apparati stessi che di tale collaborazione hanno conservato documenti dai quali abbiamo attinto le notizie su di te. Abbiamo svolto un lavoro da cronisti: ci siamo procuratile carte - recentemente messe a disposizione -, le abbiamo lette e riassunte. Non è con noi che te la devi prendere ma con gli 007 cui hai reso per parecchio tempo, consapevolmente o no, i tuoi servigi. Lo hai fatto per affinità ideologica o per altro? Il punto è che lo hai fatto, almeno secondo le fonti, cioè gli archivi di Praga. Se poi tu abitualmente incontravi l’agente segreto da Rosati in piazza del Popolo a Roma o in altro luogo, poco importa. Gli agenti segreti e i loro informatori (con tanto di codice). per definizione non sono identificabili quindi frequentano qualsiasi ambiente senza temere di essere riconosciuti per quello che in realtà sono: spie. Può darsi benissimo che tu non avessi nulla da confidare a chi ti aveva «contattato». Se così fosse tuttavia bisognerebbe capire per quale ragione tu lo frequentassi e per quale quell’agente frequentasse uno, te, che non aveva alcunché da dirgli. Questi dettagli, converrai, meritano di essere chiariti. Tocca a te chiarirli. Noi abbiamo appreso dei dati da documenti controllati e li abbiamo divulgati perché storicamente rilevanti. Peccato che tu li abbia scambiati per nostre illazioni. Non è così. La scrollatina di spalle non basta a fugare dubbi e perplessità sul tuo conto.

di Vittorio Feltri, da Il Giornale del 20 ottobre 2009