venerdì 9 ottobre 2009

Berlusconi et De Benedetti: Storie di vil denaro. Moltooo denaro!

Berlusconi è stato condannato in 1° grado, da un giudice unico, a risarcire il "danno per mancata chance" nei confronti di De Benedetti.
A parte il giudizio su tale motivazione di condanna e la somma (la prima che la magistratura italiana infligge secondo i parametri americani), quello che desidero sia di pubblica memoria è il solito modo di fare italico dei due pesi e due misure.

Il pregiudicato ing. Carlo De Benedetti è stato condannato (fece soltanto pochi giorni di carcere) a tre anni di galera per aver truffato lo Stato, cioè noi tutti.

Il pregiudicato De Benedetti e i suoi complici (funzionario dello Stato) non hanno mai pagato il loro debito a noi cittadini per  "danno per mancata chance", nè altro!

Questa la storia di CDB ed altre di giustizia all'italiana che ho ricercato in rete e che vi ripropongo.


  
Questa la sentenza Nel 1993, in piena bufera Tangentopoli, Carlo De Benedetti presentò al pool di Mani Pulite un memoriale in cui ammetteva il pagamento di 10 miliardi di lire in tangenti ai Partiti di governo e funzionale all'ottenimento di una commessa dalle PPTT, consistente in telescriventi e computer obsoleti. Nel maggio dello stesso anno, viene iscritto all'albo degli indagati.

L'ing. Carlo De Benedetti, patron de La Repubblica e Olivetti, confessa al Pool di aver versato ai partiti di governo 10 miliardi di 'tangenti' per avere venduto alle PPTT migliaia di obsolete telescriventi e computer.
Iscritto nell'albo degli indagati nel maggio '93, dopo le condanne a Craxi e l'esilio-latitanza in Tunisia, a De Benedetti non sarà fatto ancora alcun processo dal Tribunale di Milano. 



Ci penserà il Tribunale di Roma a processarlo e condannarlo dopo una lunga diatriba fra la Procura di Roma e quella di Milano su chi avesse competenza a giuduicare De Benedetti.

Per molti altri imputati di Mani Pulite, le cose andarono diversamente dall'ing. De Benedetti che fece soltanto pochi giorni di carcere.

Gabriele Cagliari, presidente dell'ENI, dimenticato in carcere dopo la promessa di liberazione, il 20 luglio '93 si suicida in cella. 

Tre giorni dopo, il 23, con un colpo di pistola si ammazza anche Raul Gardini.

Poche ore dopo la morte di Gardini è arrestato Sergio Cusani suo segretario, commercialista e confidente.


La rapidità dell'attenzione giudiziaria verso Cusani è nelle date: arresto il 23 luglio. Richiesta di processo il 27 agosto.
Parere favorevole del GIP Italo Ghitti il 6 settembre. Prima udienza del processo 28 ottobre. Conclusione dello stesso sei mesi dopo con la condanna a otto anni di reclusione (l'accusa ne aveva chiesti sette)


Per i tempi lunghissimi della nostra giustizia un record eccezionale! Il processo Cusani assume in tivù la spettacolarità dei processi soap opera con Di Pietro al posto di Parry Mason, che appare stranamente umile col tronfio Craxi, quanto insolente con l'accasciato Forlani.



Nell'ottobre scoppia lo scandalo dei fondi riservati del Sisde. Il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, nella sua passata funzione di ministro degli interni,
avrebbe avuto per quattro anni un appannaggio di cento milioni mensili in busta gialla fuori di ogni controllo. 
Fatto rivelato dagli agenti segreti e dal prefetto Malpica,  capo del servizio segreto civile. 
Il capo dello Stato, O.L. Scalfaro,  la notte del Capodanno '94, nel messaggio alla nazione, reagisce indignato col famoso iterato "Non ci sto" a reti unificate. 
Ma gli italiani non capiscono. 
Disinformati dei fatti nulla sanno del motivo di quella negazione (ma non conosceranno neppure nulla della destinazione di quei fondi ad personam; nessuno dirà loro se usati per esigenze istituzionali e quali). L'inchiesta si spegne, e gli accusatori vengono incriminati con l'accusa di golpe! 

 
Questa la sentenza che riguarda i complici di De Benedetti. 


Corte dei conti

Sezione I giurisdizionale centrale

Sentenza 5 gennaio 2005, n. 1

Con sentenza 7 giugno 2005, n. 191, la Corte dei conti, sezione I giurisdizionale centrale d'appello, ha disposto la revoca, per errore di fatto, della presente decisione, nella parte in cui condanna il sig. Davide Giacalone al risarcimento del danno arrecato alle Poste italiane s.p.a.

FATTO

Avverso la sentenza n. 1725/2002 depositata il 6 giugno 2002, resa dalla Sezione Giurisdizionale, per la Regione Lazio è stato proposto appello da Giuseppe Parrella, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulio Correale, Oscar Mammì, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Giampaolo Ruggiero, dal Procuratore regionale, nei confronti di Oscar Mammì, costituitosi come sopra rappresentato, Giuseppe Parrella, costituitosi come sopra rappresentato e Davide Giacalone, costituitosi con la rappresentanza e difesa dall'avvocato Franco Gaetano Scoca, e dal Procuratore Generale, nei confronti di Oscar Mammì, Giuseppe Parrella, Davide Giacalone, tutti costituitisi come sopra rappresentati, Maurizio Di Sarra, costituitosi con la rappresentanza e difesa degli avvocati Michele Sterbini e Filippo Lattanzi, ed Enrico Veschi, costituitosi con la rappresentanza e difesa degli avvocati Claudio Pittelli e Salvatore Mileto.

Questi i fatti di causa.

Con atto di citazione del 29.9.1994, la Procura Regionale conveniva in giudizio i sigg. Giuseppe Parrella e Davide Giacalone per sentirli condannare al pagamento della somma complessiva di Lire 36.560.740.000, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giudizio.

Tale importo veniva riferito a due voci di danno: la prima, per Lire 26.535.740.000, relativa ad una fornitura all'Amministrazione PP.TT. di n. 3356 telescriventi rimaste inutilizzate (nell'ambito di un acquisto complessivo di n. 5000 telescriventi avvenuto nel gennaio 1991 per un importo totale di Lire 39.534.775.000) e la seconda, per Lire 10.025.000.000, relativa alla riscossione di dazioni di denaro senza titolo da parte della Società fornitrice in correlazione con la fornitura delle telescriventi.

(Omissis)

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, rigetta i gravami proposti avverso la sentenza in epigrafe dalle parti private; rigetta l'appello del Procuratore Generale nei confronti dei sig.ri Enrico Veschi e Maurizio Di Sarra; accoglie parzialmente gli appelli proposti dal Procuratore Regionale e dal Procuratore Generale e, per l'effetto, condanna i sig.ri Giuseppe Parrella, Oscar Mammì e Davide Giacalone, al pagamento, in solido tra loro, della somma di Euro 2.405.429,00 (duemilioniquattrocentocinquemilaquattrocentoventinove/00), comprensiva della rivalutazione monetaria oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo, in favore delle Poste S.p.a. e alle spese del primo grado come in premessa, nonché a quelle del presente grado che si liquidano in Euro 3429,59 (tremilaquattrocentoventinove/59).


Fonti:

http://virusilgiornaleonline.com/elogio_19.htm

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/31/quell-inchiesta-contesa-sui-signori-delle-poste.html

http://archiviostorico.corriere.it/1993/ottobre/31/Benedetti_ricercato_per_corruzione_co_0_9310317166.shtml

http://www.eius.it/giurisprudenza/2005/019.asp


http://archiviostorico.corriere.it/1994/maggio/27/Malpica_Scalfaro_con_busta__co_0_94052712644.shtml