sabato 3 ottobre 2009

Ci sarà pure un giudice a Berlino?

Ci sarà pure un giudice a Berlino, si chiedeva il mugnaio prussiano al cospetto dell'imperatore Federico II, che gli negava un suo diritto.

Ricordando quet'anedddoto storico mi domando:
ci sarà un giudice in Italia che applicherà la legge e condannerà l'ex pm Di Pietro per vilipendio al Presidente della Repubblica?

Oppure, ancora una volta, l'UltraCasta dei magistrati, come l'ha definita nel suo libro Stefano Livadiotti,  interverrà per far quadrato intorno a Di Pietro, suo ex membro? 

A sostegno di quanto penso, vi propongo alcuni commenti alle parole offensive pronunciate dell'ex pm Di Pietro - ora capopartito d'assalto duro, puro e senza macchia. - nei confronti di Napolitano, presidente della Repubblica. 





"Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affermando che non poteva non firmare la legge criminale sullo scudo fiscale, ha compiuto un atto di viltà ed abdicazione". Il patron dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, in piazza della Repubblica per il corteo dei precari della scuola, critica le parole di questa mattina del capo dello Stato a proposito della firma al Dl anticrisi che contiene le norme sullo scudo fiscale. "E' proprio la Costituzione - ha spiegato Di Pietro - che affida al capo dello Stato il compito di rimandare le leggi alle camere controllando in prima istanza la loro costituzionalità. Così facendo - ha concluso - Napolitano si assume la responsabilità di questa legge".

"Non firmare non significa niente", aveva detto il presidente della Repubblica rispondendo al sollecito di un cittadino che nella piazza di Rionero in Vulture lo aveva invitato a non firmare la legge sullo scudo fiscale. Il Capo dello Stato aveva spiegato come la Costituzione preveda che la legge possa essere nuovamente approvata e in quel caso lui sarebbe "obbligato" a firmare.

A difesa di Napolitano insorge il Pdl. "Il partito di Di Pietro ormai pratica il 'teppismo' parlamentare. Per certi figuri servirebbe
più l'anti doping che la sanzione da regolamento", lamenta Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato. "L'anima anti-istituzionale che Di Pietro ha sempre avuto sin da quando si è trovato con la toga addosso è oggi venuta fuori nel modo peggiore. L'attacco senza precedenti al capo dello Stato è sintomo di una follia politica e di una barbarie che è fuori da ogni logica non solo giuridica ma anche comportamentale", osserva Antonio Leone, vice presidente della Camera. E c'è anche, nel Pdl, chi invoca l'intervento della magistratura: "Di Pietro ha iniziato insultando le Camere e prosegue con il presidente della Repubblica. E' assurdo che la magistratura questa volta non intervenga. Si tratta di reati che il codice penale punisce con la reclusione fino a tre anni", afferma il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto.

Il Pd prende le distanze da Di Pietro, difendendo le prerogative del capo dello Stato. "Il presidente della Repubblica esercita "la sua funzione di garanzia importantissima e ineccepibile", sottolinea il segretario del Pd, Dario Franceschini, ricordando a Di Pietro che "è un parlamentare e dovrebbe sapere quali sono, in base alla Costituzione, i compiti dell'opposizione, della Corte costituzionale e del capo dello Stato". "Esprimo piena solidarietà al presidente Napolitano, oggetto di una riprovevole rincorsa al populismo da parte di chi lo critica per aver svolto i suoi doveri istituzionali", fa eco Enrico Letta.

Anche l'Udc condanna le parole di Di Pietro. "L'onorevole Di Pietro è una vergogna per questo Paese", tuona il segretario Leonardo Cesa. "L'ennesimo attacco ignominioso e sprezzante che ha riservato al presidente Napolitano - aggiunge Cesa - richiede una ferma presa di posizione di tutte le forze politiche: se non arriveranno immediate scuse, l'Idv si merita il totale isolamento in Parlamento e in ogni altra sede istituzionale".