sabato 21 novembre 2009

Baraonda politica

Altro che rivoluzione copernicana. Nella sinistra cambia tutto e non è detto cambi in meglio.
 

È l`effetto Bersani che, a differenza di Franceschini (esecutore testamentario di Walter Veltroni), non appena giunto alla segreteria del Pd tramite la farsa delle primarie, annuncia:
rimetto in piedi il vecchio Ulivo prodiano, con o senza Prodi si vedrà, e richiamo immediatamente in servizio gli amati comunisti italiani, i rifondaroli e i verdi. Immagino la felicità dei lettori alla fausta notizia della rianimazione di Pecoraro Scanio; so che avevano nostalgia di lui.
In pratica il neocapoccia dell`ex Pci, nella speranza illusoria di battere il centrodestra,
anziché fare un passo avanti rispetto ai suoi due predecessori, ne compie cento indietro e torna al rosso antico, quando le Botteghe erano ancora Oscure. I progressisti progrediscono a ritroso per ritrovare l`unità e tentare di avere i numeri almeno allo scopo di far paura al Cavaliere.
L`idea dello spezzatino in salsa rubra a dire il vero non è un`esclusiva di Bersani; era venuta per primo a Massimo D`Alema il quale aveva fatto il conto della serva. Il Pd infatti, secondo calcoli basati sulle recenti votazioni politiche, attualmente possiéde un 26-28 per cento.
Con quel mattacchione supergassato di Di Pietro, la percentuale sale ottimisticamente a 35.
Ma se ci aggiungi i prepensionati, e cioè comunisti italiani e rifondaroli, il dato può superare il 40 per cento.
Buttiamoci sopra una spruzzatina di verdi ambientalisti, ed eccoci al 43-44. Oddio, tra il dire e il fare c`è di mezzo un mare in cui l`annegamento è una probabilità concreta, comunque sognare non è vietato neanche alla sinistra spelacchiata. E’ un piano rétro, quello di Bersani-D`Alema, però è un piano. Quanto alla sua realizzazione, bisognerà vedere cosa ne pensano gli italiani. La mia personalissima impressione è che, già strinati dal minestrone di Prodi, non abbiano alcun desiderio di riscaldarlo per scottarsi un` altra volta. Ma saranno le urne a confermare o smentire questa opinione. Il fatto è che il Pd non crede più in se stesso e nella possibilità di svilupparsi autonomamente, per cui gioca l`unica carta rimasta: quella di recuperare i riservisti della falce e martello.
Però fa tristezza costatare che nell`Italia bipolare del Terzo Millennio il polo d`opposizione, per apparecchiarsi contro i berlusconiani, è obbligato a ripescare i comunisti residuali, gente più adatta al museo delle cere che
al Parlamento. Non tutti nel Pd hanno apprezzato il nuovo corso e qualcuno minaccia di levare le tende.
Francesco Rutelli le ha tolte subito e, in men che non si dica, è diventato democristiano, avendone a vocazione da vari mesi. Ha fatto la valigia e ha chiesto, ottenendolo, asilo politico a Pier Ferdinando Casini ben lieto di offrirgli una branda e un avvenire senza sole ma pur sempre ricco di poltroncine, garanzia fondamentale per continuare a non lavorare. Rutelli nell`abbandonare il tetto di Bersani ha rilasciato una dichiarazione sibillina: non vado via solo. Il che significa che i transfughi saranno almeno due. A Casini auguriamo siano anche di più.
Nel terremoto di giornata si segnala un altro scossone. Marrazzo si è dato malato come risulta da certificato medico prontamente esibito. E siccome i malati non si licenziano neppure dalla Regione Lazio - potenza del welfare esteso alle cariche elettive - il signor presidente consolida la sua posizione di sospeso per aria. Risultato, zero dimissioni e niente elezioni anticipate fino al termine della mutua; durata trenta dì, festivi inclusi.
A volte la salute viene meno provvidenzialmente. In questo caso consente al Pd di guadagnare tempo e di far dimenticare agli elettori del Lazio la triste vicenda dei trans penalizzante sotto il profilo dei consensi.
Intanto si apprende un particolare agghiacciante per chi sia spilorcio o povero: Marrazzo spendeva cinquemila curo onde soddisfare ciascuno dei propri capricci eterodossi. Ammazza che botta. D`altronde la vita è cara e richiede sacrifici. All`ultima voce del menu romano, c`è l`aspirante vicepremier, Tremonti, a cui Berlusconi ha tarpato le ali con una bocciatura, per altro ampiamente prevista dal Giornale. Il ministro dell`Economia resta però al suo posto, e questo gli fa onore. In certi momenti il Cavaliere è portato a dire sì anche se vorrebbe dire no; in altri dice no anche se vorrebbe dire sì. Nella presente circostanza il no è stato netto e così motivato: l`Economia sono io, ha detto Silvio. Vietata ogni replica. Tremonti non ha replicato e, pare, nemmeno commentato. E un uomo che capisce al volo e sa stare al mondo.

di Vittorio Feltri, il Giornale del 27 ottobre 2009