sabato 20 dicembre 2008

Magistrati, la vita è bella

Uno dei tanti motivi del mancato funzionamento della giustizia in Italia è ben descritto in questo articolo di Dimitri Buffa.

Nel decennio tra il 1993 e il 2003 il Csm accordò ai propri protetti della casta in toga qualcosa come 15 mila e rotti incarichi giudiziari. Cioè oltre mille l’anno. Nel 2004, finalmente, l’ex Casa delle libertà tramite il ministro guardasigilli dell’epoca, l’ottimo Roberto Castelli, si inventò una legge, che dopo varie traversie divenne effettiva nel 2006 e che avrebbe dovuto ridurre all’osso questo tipo di prebende. Purtroppo, però, subito dopo venne Mastella, e dopo un anno di governo del centro sinistra i privilegi furono ristabiliti e nessuno li ha tolti più. Risultato? Se si va sul sito del Csm , visto che almeno la pubblicità degli incarichi non se la sono potuta rimangiare, si scopre che solo quest’anno, nel periodo tra maggio e novembre, sono stati accordati oltre 620 di questi incarichi. Cui si aggiungono i 265 giudici distaccati fuori ruolo cui anno per anno il Csm riconferma la possibilità di fare il lavoro del magistrato, meglio di fare lobbying per la categoria, all’interno dei ministeri, di Palazzo Chigi, della Corte costituzionale (dove di fatto sono i fuori ruolo a preparare e in definitiva anche a orientare le decisioni dei giudici della Consulta con le ricerche giurisprudenziali da loro svolte), al Csm, al Dap, in via Arenula e così via. Insomma dappertutto tranne che nei palazzi di giustizia. Dove d’altronde ci pensano già i loro colleghi a fare il buono e il cattivo tempo.

Nel giorno in cui il Capo dello Stato spezza una lancia a favore della intangibilità della Costituzione per quel che riguarda la giustizia, e la cosa notoriamente non è vera perché la Costituzione tranne che negli articoli fondamentali, che sono i primi, può comunque essere cambiata, è bene ricordare quanti giudici vivono tuttora borderline con la Costituzione facendo un lavoro diverso da quello per cui sono diventati magistrati. E ponendosi spesso in conflitto di interessi con le proprie inchieste o con i propri giudizi. Quando non in una posizione di corruttibilità teorica. Qualche settimana orsono solo la pattuglia dei Radicali italiani guidata da Rita Bernardini ha fatto battaglia in aula perché venissero resi noti i compensi dei magistrati fuori ruolo e perché il governo prendesse una posizione in merito. E’ andata male. Però almeno sappiamo che il problema esiste e sappiamo anche alcuni dettagli che ci possono aiutare a inquadrarlo. Tra l’altro proprio in uno studio recente di Bankitalia sulla giustizia civile, a proposito degli incarichi extra giudiziari, si afferma che “essi sono la conseguenza della demotivazione dei magistrati alla meritocrazia”. E questo visto che la loro progressione in carriera e nello stipendio è pressoché automatica. Insomma i giudici, demotivati dall’egualitarismo sessantottino della legge Breganza (quella che, per usare le parole del Presidente della repubblica emerito Francesco Cossiga, permette a qualunque pretore di farsi fare i biglietti da visita “in fieri”, da usare 20 anni dopo, come primo presidente della Cassazione) adesso si rivolgono all’esterno della loro professione cercando nuovi stimoli o nelle carriere politiche oppure in questi incarichi. Dentro o fuori dal ruolo di magistrati.

L’Ucpi, Unione delle camere penali italiane, che nella persona dell’avvocato Bartolo Iacono, ha fatto una ricerca ad hoc sul problema, ci segnala che, ad esempio, “attualmente alla Corte Costituzionale sono assegnati ”fuori ruolo“ 28 magistrati (fonte CSM aggiornata all’11 settembre) e 7 in posizione part – time con ”incarico extragiudiziario autorizzato dal CSM“. Non basta, al Csm Oltre ai magistrati eletti (16) attualmente sono distaccati ”fuori ruolo“ 17 magistrati (segretario generale (1) , addetti alla segreteria (11), addetti all’ufficio studi e documentazione (5). Infine alla presidenza della Repubblica i magistrati attualmente collocati fuori ruolo sono tre. Uno di questi è Consigliere per gli Affari dell’amministrazione della giustizia. Non si contano poi, quelli in servizio a via Arenula, che sono altri 58, quelli che si imboscano in missioni all’estero, tipo insegnare il diritto ai futuri magistrati afghani, che sono altri 34, quelli negli altri ministeri, sempre con posizioni preminenti di consiglieri giuridici (come se i consigli sulla legge potessero darli solo i giudici e non anche gli avvocati o i professori universitari delle varie branche del diritto, ndr) che sono altri 27, quelli presso la Presidenza del Consiglio, altri 14, e quelli presso le varie ”Authority“, cioè altri 15.

Se si sommano quelli che lavorano all’ispettorato tra via Arenula e via Silvestri, che sono altri 17, più i cinque del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e gli altri cinque dell’ufficio legislativo del ministro, più altri sparsi si arriva alla somma di 264 unità. Che includono anche 12 magistrati che sono sotto mandato parlamentare, 3 sotto mandato di amministrazione regionale e altri 3 sotto mandato di amministrazione comunale, più 9 in aspettativa varia. Non pervenuti come le temperature che leggeva Bernacca quando si arrivava a Santa Maria di Leuca. Forse Napolitano farebbe bene a occuparsi di loro prima che dei presunti vulnus alla Costituzione che porterebbero alcune sacrosante riforme che solo ora Berlusconi dice di volere fare. Oltre alla quantità di queste presenze estranee in altri rami della amministrazione statale, c’è anche un problema di qualità della legislazione e dell’attività ordinaria degli organi amministrativi e esecutivi: se sono sempre e solo i magistrati a consigliare, supervisionare, scrivere leggi ed applicarle, fatale che si creerà con loro la categoria orwelliana di ”quei maiali che erano più uguali degli altri maiali“. In nessun altro paese al mondo i magistrati hanno così tanto potere dentro e fuori dal loro ordine giudiziario. Questo sì che è un vero problema costituzionale caro presidente Napolitano.

da L'Opinione del 16 dicembre 2008, pag. 2.