lunedì 8 febbraio 2010

Soltanto Silvio capisce di calcio

Dopo aver letto questo articolo mi sono dovuto ricredere, almeno per quanto riguarda la questione sportiva. Chi scrive è Piero Sansonetti, del quale tutto si potrebbe dire tranne che sia un berlusconiano.
Qui, su Wikipedia il suo curriculum.

Può darsi che l’Inter vincerà il derby. E forse anche lo scudetto. Però il campionato 2009-2010 sarà ricordato in Italia come il campionato di Ronaldinho. È lui il calciatore più forte in circolazione. Gioca a livelli “storici”. Con pochi precedenti (a mia memoria), qui da noi: Sivori, Rivera, Maradona, forse Platini.
© Marco Merlini / LaPresse 17-10-2009 Roma Politica Villa Madama, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, incontra il presidente egiziano Hosni Mubarak Nella foto Silvio Berlusconi © Marco Merlini / LaPresse Rome, 10-17-2009 Politic Villa Madama, italian premier, Silvio Berlusconi, meets egyptian president, Hosni Mubarak
La resurrezione di Ronaldinho è la dimostrazione di un paio di teoremi nella cui validità ho sempre creduto. Il primo è che i giornalisti sportivi non capiscono niente di calcio. Niente. E anche i tecnici, quelli che stanno in panchina, capiscono poco. Il secondo è che Silvio Berlusconi è una delle poche persone che invece il calcio lo conosce. E se il Milan in questi vent’anni ha vinto più di qualunque altra squadra al mondo (molto di più) questo non dipende dai soldi di Berlusconi ma dalla sua sapienza calcistica. Del resto Massimo Moratti ha speso nell’ultimo decennio tre o quattro volte più di Berlusconi, ma sul piano internazionale (quello del grande calcio) è rimasto a titoli zero.

La storia dell’ultima campagna acquisti è esemplare. Ci sono le tre grandi (Inter, Juve e Milan) di fronte alla necessità di rinnovarsi. Perché alcuni giocatori vogliono andar via o per esigenze di bilancio. Compiono scelte opposte: Inter e Juve decidono di spendere molto, e comprano molti giocatori forti. Il Milan decide di risparmiare, non compra praticamente nessuno e addirittura vende il suo grande asso Ricardo Kakà, considerato, assieme a Cristiano Ronaldo e a Messi, uno dei tre giocatori più forti del mondo. I giornalisti e i tecnici, interpellati (ma anche senza essere interpellati) sentenziano privi di dubbi: Inter e Juve si giocheranno lo scudetto e la coppa dei campioni, il Milan va verso il declino, evidentemente perché Berlusconi ha deciso di “dismetterlo”.

Tutto sbagliato. L’Inter rimpinza le sue file già ricchissime; la Juve si assicura due delle perle del mercato (i brasiliani Diego e Melo). Il Milan invece punta sui suoi brasiliani, anche se di scarto: Dida, Thiago Silva, Pato e Ronaldinho, tutti esclusi della nazionale. Perché questa scelta? Perché Berlusconi ritiene che Ronaldinho sia il giocatore più forte del mondo, che Pato sia il futuro giocatore più forte del mondo, che Thiago Silva e Dida siano fortissimi. E siccome pensa anche che Pirlo, a centrocampo, non abbia rivali, decide di fidarsi della sua squadra. Vende Kakà perché ha bisogno di fare cassa, ma anche perché lo considera incompatibile con Ronaldinho, e pensa che questi sul piano tecnico sia più forte. Poi il capolavoro: via Ancelotti, stimato in tutto il mondo, dentro Leonardo. Ancelotti è un allenatore “ordinario”, capace di far fare un gioco pulito alla squadra (sempre lo stesso) ma privo di slanci di fantasia. Leonardo non è un allenatore, è solo un uomo che conosce bene il calcio ed è molto intelligente, fantasioso, carismatico. E siccome Berlusconi ritiene che gli allenatori di mestiere non esistono, meglio Leonardo di un professionista “pulitino”. Se avete visto le ultime tre partite del Milan potete dire tranquillamente che Berlusconi aveva ragione.

C’entra qualcosa tutto questo con la politica? Sì. Berlusconi guida il Milan come guida il suo partito. E il modo assomiglia a quello con cui seleziona la sua “classe dirigente”. Basato sulla fantasia, sull’imprevedibilità, sull’idea - arrogante - che esistono alcuni mestieri un po’ generici (come l’esperto di calcio o il politico) che si possono improvvisare se si posseggono intelligenza e qualità umane. E anche sull’idea che “deprofessionalizzare” (politica e sport) non ostacola l’efficienza e favorisce la modernizzazione. Un esempio? Mara Carfagna. È stata sbeffeggiata per mesi, da deputata e poi da ministra. Si è detto di tutto. Poi si è messa a lavorare. Sicuramente non è una ministra di sinistra, però non si può dire che sia stata inefficiente, o assente, o svampita. Non ha sfigurato, al ministero delle pari opportunità, a paragone di chi l’ha preceduta. È la prima esponente del governo ad avere promosso una massiccia campagna contro l’omofobia, e magari nessuno se l’aspettava da lei.

La prossima sorpresa? Mi aspetto, tra quattro o cinque anni, Leonardo al vertice delle imprese di Berlusconi. Non è un azzardo. Son quasi certo che finirà così.