giovedì 29 gennaio 2009

Perchè fanno politica i nostri pOLITICANTI!

Continuo a pubblicare gli interessanti articoli di Stella e Rizzo sul perchè i nostri pOLITICANTI fanno i politici: pro domo mea e quindi i soldi, i denari, gli sghei o la pila per dirna in vernacolo.
Premetto che quanto leggerete adesso non l'avreste letto ai tempi della vendita del palazzo di Via Botteghe Oscure, sede storica del PCI. Vendita dovuta ai miliardi di debiti accumulati in molti anni di fallimentare gestione del partito. Poi arrivò la incostituzionale legge del rimborso elettorale, et voilà, i debiti sono stati ripianati senza vendere più nulla, anzi moltiplicando gli investimenti, seppur sotto l'odierno nome di DS, anzichè PCI.



Fondazioni DS, un patrimonio da mezzo miliardo di euro.

L’incubo di «Ughetta», moglie giudiziosa, è una catapecchia nelle campagne istriane di Babici. Dove figura essere finito, intestato a uno scaricatore di cassette al mercato di Trieste, ciò che restava dell’immenso tesoro della Dc: 508 palazzi e case e garage e negozi spariti così:
Perciò, sbuffa con gli amici il tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, non riesce a capire le polemiche sulle fondazioni in cui sta mettendo al sicuro il patrimonio ereditato dal Pci e dai rampolli pidiessini e diessini. In fondo, ha spiegato a Luca Telese, quello suo con Luigi Lusi, il tesoriere della Margherita, è un matrimonio politico che non sfugge alle regole di tutti i matrimoni: «Luigino e Ughetta, che sono io, vanno all’altare poveri in canna, ma se Ughetta ha un po’ di patrimonio e Luigino ha un po’ di soldi, quel che devono dire al sindaco è: facciamo la separazione dei beni».
Ovvio, no? L’ha ripetuto pochi giorni fa: «E’ il frutto di un processo avviato dalla direzione nazionale del partito nel 2005 per separare la politica dalla gestione del patrimonio, evitando così che eventuali scelte negative della prima abbiano ripercussioni sul secondo». Mica i soldi dei vecchi militanti possono essere messi in un investimento sbagliato! Metti caso che alle Europee il Pd vada al naufragio e gli ex-diessini e gli ex-margheritini si convincano che le nozze sono state un errore e decidano di separarsi... Amici come prima, certo. Ma a ciascuno il suo.
Va da sé che, proprio come succede dopo certi sposalizi celebrati con un carico di speranze evaporate in fretta, sono proprio i soldi uno dei motivi di litigio. Fin dall’inizio. Cioè dall’autunno del 2007 quando Sposetti, che nel ruolo di tesoriere del partito si sentiva in una botte di ferro («alla fine della segreteria Veltroni nel 2001 il debito era di 58o milioni di euro, adesso è di 14o») decise di mandare una lettera al «Corriere» nel tentativo di spazzar via le polemiche su una frase che gli era scappata: «Da me il Pd non avrà un euro».
«Non c’ è, né può esserci alcuna lite su soldi e immobili tra i Ds e il Partito democratico, che i Ds hanno voluto con determinazione e convinzione», scrisse. E precisò: «La riorganizzazione del patrimonio immobiliare che fin qui è stato nella disponibilità dei Ds è finalizzata all’unico obiettivo che tale patrimonio possa entrare nella piena disponibilità del Pd, con le stesse regole di autonomia gestionale e di forma giuridica adottate fin qui dai Ds. È dunque del tutto privo di fondamento che tale riorganizzazione sia estranea alla costruzione del Partito democratico o addirittura che voglia sottrarre al nuovo partito la disponibilità di strutture e beni».
Il tesoriere del Pd Mauro Agostini abbozzò, ma senza troppa convinzione: «Il problema è che nel caso in questione i membri del comitato di indirizzo, oltre a essere in numero molto ristretto, sono nominati a vita e che in caso di morte si procede per cooptazione». Insomma, resterebbe comunque tutto «in casa» degli eredi dei Democratici dì sinistra. Uomini e donne fidatissimi. Che nel caso fossero chiamati a sostituire questo o quel membro dovrebbero mettersi comunque d’accordo (mica a maggioranza semplice: sette su otto, nove su dieci...) conservando intatta la corazza blindata della fondazione.
Fatto sta che mesi e mesi di convivenza non solo non hanno portato a una nuova «luna di miele» ma hanno scavato un solco più profondo tra i «coniugi». Fino a incattivire i rapporti. Soggetti oggi a tempeste improvvise e furibonde. Come l’altra settimana quando Piero Fassino si è catapultato in Transatlantico sull’ex margheritino Pierluigi Mantini, del comitato Tesoreria del Pd, reo d’avere detto in un’intervista a «Libero»: «La Margherita ha conferito il suo intero patrimonio, soldi del finanziamento pubblico e la stessa sede che ora e in uso al Pd, al nuovo partito. Non si è tenuta niente da parte. I Ds, invece, no». «Hai detto un sacco di cazzate», gli ha sibilato in faccia l’ultimo segretario diessino, «Non basta dichiarare per andare sui giornali. lo mi sono rotto...». Ultima sassata: «Sei un cretino. Ci vediamo in tribunale. Se uno è stupido dovrebbe star zitto».
Ogni volta che lo tirano in ballo, Sposetti sospira. E spiega che, disperso in mille rivoli il «tesoro» democristiano e popolare, la «dote» vera (sia pure carica di debiti) ce l’avevano solo i Ds. I canoni che le fondazioni chiedono per le sedi del Pd? «Sono affitti politici. Servono a coprire le spese: l’Ici chi lo paga, il condominio chi lo paga, la Tarsu chi la paga? Le fondazioni.
di Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella
da Corriere della Sera del 19 gennaio 2009, pag. 11